Nel complesso, c’erano almeno diecimila cassette. Più di centomila bottiglie. Tutte senza etichetta. <Cos’è successo?> balbettò il Conte, senza fiato. Andrej annuì in segno di torva riconoscenza: <È stata avanzata una lamentela al compagno Teodorov, il Commissario per il Cibo, affermando che l’esistenza della nostra lista dei vini va contro gli ideali della Rivoluzione; che si tratta di un monumento al privilegio della nobiltà, alla fiacchezza dell’intelligencija e ai prezzi predatori degli speculatori …È stato fatto un incontro, è stato votato ed è stato trasmesso un ordine… Da ora in poi il Bojarskij (il ristorante dell’hotel Metropol di Mosca) venderà solo vino bianco o rosso, con tutte le bottiglie allo stesso prezzo.>
Il comunismo enologico!
Il Conte di cui si parla è Aleksandr Il’ič Rostov, protagonista del romanzo di Amor Towles, Un gentiluomo a Mosca, pubblicato da Neri Pozza nel 2017 nella bella traduzione di Serena Prina.
Mosca, 21 giugno 1922. Il conte Rostov, decorato con l’Ordine di Sant’Andrea, membro del Jockey Club, Maestro di caccia, viene processato dal «Comitato d’Emergenza del Commissariato del Popolo». La sua colpa è l’appartenere ad una classe sociale corrotta e pericolosa per la rivoluzione, nonostante egli, tornato in Russia volontariamente nel 1918 non abbia partecipato alla guerra civile. Il Comitato è diviso: alcuni vorrebbero fucilarlo, ma in virtù di un poema da lui scritto nel 1913, considerato un incitamento all’azione rivoluzionaria, la sentenza risulta più mite: arresti domiciliari all’Hotel Metropol, senza la possibilità di uscire, pena la fucilazione. Naturalmente dovrà lasciare la lussuosa suite occupata fino a quel giorno, arredata con preziosi cimeli di famiglia e alloggiare in una stanzetta destinata originariamente alla servitù, nella quale potrà portare solo pochi oggetti. Ci resterà per più di trent’anni.
Ma Rostov non si abbatte: l’educazione ricevuta dall’ imperturbabile nonna e la sua filosofia di vita gli permettono di adattarsi alle nuove circostanze: Così, infilandosi in tasca le forbici della sorella, il Conte guardò ancora una volta i cimeli di famiglia che sarebbero rimasti lì e poi li espunse per sempre dalla propria tristezza.
Ma essere rinchiusi per decenni all’interno di un albergo non significa necessariamente non vivere una vita piena: nella vita di Rostov non mancheranno amici carissimi, l’amore e una famiglia. Anche la sua cultura cosmopolita e raffinata avrà modo di essere valorizzata.
Insomma la limitazione del numero dei personaggi e degli ambienti è una sfida per costruire una trama avvincente e ricca di colpi di scena, soprattutto nella parte finale.
Questo anche grazie all’altro protagonista del romanzo, l’hotel Metropol.
Aperto a Mosca nel 1905, era uno dei grandi alberghi presenti in tutte le capitali europee dove gli appartenenti alle classi sociali più elevate potevano sentirsi a casa anche lontani migliaia di chilometri dalla propria residenza. Ma a Mosca le suite e i ristoranti dell’hotel erano stati un punto di riunione di tutte le persone ricche di stile, influenti ed erudite.
Dopo la fine della guerra e la graduale stabilizzazione dell’Unione Sovietica, il Metropol torna ad essere il principale ritrovo moscovita di artisti, giornalisti, spie, diplomatici, uomini politici di altissimo livello. La grande macchina ricomincia a funzionare. L ’hotel è anche divenuto per Rostov un continente da esplorare, guidato da una straordinaria bambina di nove anni, Nina Kulikova, che vive nell’ albergo con un padre funzionario di partito quasi sempre assente.
E’ così che nelle suite, nelle sale e nei ristoranti, ma anche nei più riposti locali di servizio e nell’intrico delle scale e dei corridoi la vicenda individuale del conte Rostov si intreccia alla storia dell’Unione Sovietica, ripercorsa nei suoi momenti essenziali, ma sempre con lo stile ironico e brillante che caratterizza il romanzo.
Due parole sull’autore
Amor Towles è nato a Boston nel 1964. Si è laureato a Yale e ha conseguito un dottorato in letteratura inglese a Stanford. È un grande appassionato di storia dell’arte, soprattutto della pittura di inizio Novecento, e di musica jazz. Vive a Manhattan con la moglie e i due figli. La buona società (Neri Pozza, 2011) è il suo primo romanzo e ha riscosso un grande successo di critica e di pubblico.
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