Tina Modotti fotografata da Edward Weston

Rivoluzionaria fino all’ultimo respiro

<Eravamo così poveri che, per qualche tempo, abbiamo vissuto di carità>. Così Tina, a 12 anni, va a lavorare in filanda, per mantenere la famiglia. La madre faceva la cucitrice, ma avendo cinque figli faceva giusto qualche lavoretto in casa, un buco fatiscente a Udine. Il padre era partito per l’America, a cercar fortuna, ma non l’aveva ancora trovata.
Nel 1913, a 17 anni, raggiungono il padre a S.Francisco e Tina va a lavorare in una fabbrica di abbigliamento. Oltre ad essere molto bella, è una ragazza intelligente e intraprendente. Legge molto, ama il teatro e recita nelle filodrammatiche di Little Italy. E’ nera di capelli e di occhi, ma brilla come un chicco d’oro nella fanghiglia del proletariato cencioso degli immigrati. Il poeta e pittore Roubaix del’Abrie Richey, detto Robo, si innamora di lei e la sposa. I due si trasferiscono a Los Angeles, attratti da mondo dello spettacolo. Amano l’arte e la poesia, dipingono tessuti. Non hanno molti soldi, ma Tina, dagli slums degli immigrati si ritrova catapultata in un mondo di artisti e intellettuali.
Bussa ad Hollywood e le aprono le porte. E’ bella e anche brava. Ha un’aria così esotica e un viso di un’espressività potente. Nel ’20 recita in tre film, con successo di pubblico e di critica.
Ma è un’esperienza breve. A Tina non piace l’immagine che le hanno cucita addosso, non piace quel mondo luccicante, ma vuoto ed effimero. E lascia una carriera cinematografica che era il sogno di tutte le ragazze.

Conosce uno dei fotografi più noti dell’epoca, Edward Weston, ne diviene la modella e poi anche l’amante. Il marito se ne va in Messico dove si ammala di vaiolo. Tina lo raggiunge, ma arriva in tempo solo per il funerale. Torna negli Usa e scrive una breve biografia di Robo. In quei pochi giorni del febbraio del 22 si innamora del Messico e ci tornerà per starci l’anno dopo, assieme a Weston, che tra l’altro aveva già 4 figli.
E’ il Messico uscito dalla rivoluzione di Zapata e Pancho Villa, instabile e turbolento, ma ricco di fermenti. I due si legano ad un gruppo di artisti e intellettuali “rivoluzionari”, come Diego Rivera, Suqueiros, Orozco. Conducono una vita bohemienne, da artisti. Anche lei inizia a fotografare. Dopo tre anni il loro amore si è ormai spento. Weston torna in California, ma rimarranno in buoni rapporti.
Tina ormai fa la fotografa quasi a tempo pieno. Ma nel giro di artisti che frequenta arte e politica sono sempre più intrecciate. Nel 26 si iscrive al partito comunista e si impegna nella campagna per Sacco e Vanzetti e a sostegno del movimento sandinista del Nicaragua. Conosce Frida Kalo, anche lei militante comunista e femminista, ne nasce un rapporto intenso e, si dice, anche lesbico. Intanto si sposa con il dirigente comunista Xavier Guerrero.
Saranno gli anni più belli della sua vita, coinvolta e travolta dalla passione politica, artistica, intellettuale e amorosa. Anni fecondi per la sua fotografia, tanto da acquisire fama internazionale.

Tina Modotti in un film

Va in giro per il Messico a fotografare contadini, operai, simboli del lavoro. Ha abbandonato la foto artistica, la sua ora è una foto politica. Lei stessa rifiuta l’etichetta di artista <io sono una fotografa e niente altro>. Lo stile è crudo, essenziale, realistico.
Nel ’28 incontra per la prima volta Julio Antonio Mella e restano entrambi folgorati. Anni dopo scriverà ad un’amica: <L’incontro con Mella mi aveva tanto confusa che mi sentivo incapace di pronunciare una sola parola, ero come paralizzata e non potevo ragionare normalmente>.
Mella è un comunista cubano, arrestato dal dittaore Machado aveva fatto uno sciopero della fame di 18 giorni, quando ormai era in fin di vita, di fronte alla minaccia di sciopero generale, il dittatore lo aveva liberato ed espulso da Cuba e anche lui era arrivato in Messico.
E’ un giovane dal fascino notevole, ha 9 anni meno di lei. Bello, alto, forte, biondo per via della madre inglese, grande oratore e grande carisma. Nel giro di tre anni diventa il numero due del Pc messicano.
Lui le fa una corte spietata, ma lei resiste. Non vuole tradire il marito, che però nel frattempo è partito per Mosca e vi deve restare qualche anno. Non vuole rivivere il trauma che ha vissuto con Robo, che quando scoprì di essere stato tradito, se ne era andato e poi era morto.
Mella parte per Cuba, per tentare una nuova azione rivoluzionaria e scrive a Tina: <Mia cara Tinissima: ciò che abbiamo dentro sento che ti fa paura. Come se l’amarci fosse il crimine più grande. Nonostante gli impedimenti, niente è più giusto, naturale, necessario per la nostra vita che l’amore…. Sento tuttora le tue parole che mi carezzano i capelli. …. In questi giorni, ho pensato con troppo dolore e tuttora tengo aperte le ferite causate da questa separazione, la più dolorosa della mia vita.. Per me, Tina, ho preso con le mie proprie mani la mia vita e l’ho lanciata sul tuo balcone, complice del nostro amore>.
Un anno prima, proprio il giorno dell’esecuzione di Sacco e Vanzetti, era giunto in Messico un’altro italiano. Enea Sormenti. Ma questo è solo uno dei tanti nomi che usa. Quello vero è Vittorio Vidali. E’ stato inviato dal Comintern, è un uomo del Cremlino.
Stalin ormai ha il pieno controllo del partito. Sconfitto Troyzky, la politica di Mosca ora è quella del socialismo in un solo paese. E il compito dei partiti comunisti non è tanto quello di accendere focalai rivoluzionari, quanto quello di difendere la patria del socialismo. Per questo Stalin si preoccupa soprattutto di avere il pieno controllo sui partiti fratelli e sulla loro fedeltà. Vidali è arrivato con questo compito.
Tina si lega a lui, forse perchè è italiano e viene dalla stessa terra, è triestino. Gli scrive, quasi a chiedergli un’approvazione: <Da sei mesi il mio compagno che tu conosci è andato a Mosca ed è chiaro che prima di tre anni non ci vedremo. Però è successo altro… mi sono innamorata di qualcuno che conosci bene: di Julio Antonio…. mi ha chiesto di vivere insieme>.
Non sappiamo cosa risponde Vidali, ma probabilmente è un assenso. Perchè Tina si decide a scrivere al marito. Non vuole avere una relazione di nascosto. <Xavier, se penso al dolore che sto per darti, mi sento un mostro ….. Però è tempo di dirti ciò che devo dire: amo un altro uomo. Io lo amo e lui ama me ….ho lottato con me stessa per staccarlo dalla mia vita, ma inutilmente>. L’unica risposta che ebbe fu un telegramma: <Ricevuta tua lettera. Addio>.
Lo sbarco a Cuba fallisce, Mella torna in Messico e i due vanno a vivere assieme. Uniti da un amore appassionato e dalla militanza per la causa comunista. Hanno pochi soldi, vivono in un piccolo appartamento, che diventa ritrovo e rifugio di compagni e profughi cubani. Una vita un po’ sregolata, da militanti e artisti, ma intensa ed entusiasmante. Lui le lascia bigliettini del tipo: <Ti ho attesa, devo andare, lascio un fiore al mio posto>.
Ma è un amore che dura poco. Una sera del gennaio ’29 Tina sente alcuni spari fuori di casa. Corre e vede Jiulio sanguinante venire verso di lei. Il suo uomo si accascia fra le sue braccia e muore. Ucciso dai sicari di Machado. Il destino si accanisce su di lei. E’ il secondo marito che deve seppellire, è la terza lacerante separazione. Sarà lei a pronunciare l’orazione funebre.
<Hanno assassinato non solo un nemico del dittatore cubano ma, il nemico di tutte le dittature… Onoriamo la memoria di Mella promettendo di seguire il suo cammino fino ad ottenere la vittoria di tutti gli sfruttati della terra. Lo ricordiamo come egli avrebbe preferito: non piangendo ma, lottando… >
Il dolore di Tina è turbato anche dalle voci che circolano su certa stampa. Che a far uccidere Mella non è stato Machado, ma Vidali. Voci avvalorate dal fatto che Mella si era avvicinato ai trotzkisti ed era stato emarginato dal partito. Lo stesso Rivera, amico dei due, ha qualche sospetto. Che addirittura sembra rendere pubblico in un suo murales, dove dietro la coppia Tina-Juan, dipinge Vidali seminascosto e con aria minacciosa. Non c’è nessuna prova che Mella sia stato fatto eliminare da Stalin, ma neppure nessuna certezza sugli autori dell’omicidio. Di certo Vidali non ha sparso lacrime.
La situazione in Messico sta cambiando. Il partito comunista è messo fuori legge. Tina è arrestata ed espulsa. Nel febbraio del ’30 si imbarca per l’Europa, assieme a Vidali. Si stabilisce a Berlino, dove vorrebbe ricominciare a fotografare. Ma ormai le cose sono troppo cambiate. A Berlino non sono giorni buoni per una comunista. Così raggiunge Vidali a Mosca. I due vivono assieme, anzi lei nella scheda che presenta alle autorità sovietiche scrive che è suo marito. Ma, altro duro colpo, scopre che Vidali, sotto falso nome, si è sposato qualche mese prima con una giovane russa, che aspetta un figlio da lui.

Vittorio Vidali

Juan Antonio Mella

Nella capitale sovietica allestisce la sua ultima esposizione, lavora come traduttrice della stampa estera, scrive opuscoli politici, ottiene la cittadinanza e diventa membro del Pcus.. Ormai fa attività politica a tempo pieno. Regala la sua macchina fotografica, a Mosca non c’è la luce del Messico e non ci sono neanche i permessi per fare troppe foto. Ma è soprattutto lei ad essere cambiata. E’ più chiusa e spenta.
Vidali da tempo pensa che sia la persona giusta per il lavoro segreto. Con il suo bel viso, il suo sorriso e l’eleganza, può superare molti ostacoli. La Nkvd la arruola. Tina inizia a svolgere missioni segrete in Spagna, Francia, Germania, Polonia portando soldi, documenti, ordini, direttive.
Nel 35 in Spagna scoppia la guerra civile. Lei e Vidali, che ora è Carlos Contrera, si arruolano nelle brigate internazionali. Lui è il comandante Carlos a capo del Quinto reggimento, uno dei reparti che più si distinguerà nei combattimenti. Lei è Vera Martini e poi Maria, raccoglie feriti e morti con le ambulanze.
Incontra, Hemingway, Antonio Machado, Dolores Ibarruri, Rafael Alberti, Malraux. Robert Capa la spinge a riprendere a fotografare, ma lei rifiuta. <Ormai sono un’altra persona>, spiega.
Nel fronte antifranchista inizia una lotta fratricida. I comunisti pensano che la cosa che conta è sconfiggere Franco e quindi occorre allargare il consenso e tessere alleanze. I trotzkisti del Poum invece che la guerra deve essere anche rivoluzionaria, così espropriano, collettivizzano, accrescendo l’ostilità verso il governo repubblicano. Gli anarchici poi passano il tempo a incendiare chiese e uccidere preti. E in un paese ultracattolico, questo non aiuta. Finisce che gli stalinisti uccidono molti anarchici e trozkysti, sempre con delitti camuffati ovviamente. Ma non c’è solo lo scontro politico, Stalin approfitta della guerra per eliminare gli avversari.
A occuparsi di tutto ciò c’è in Spagna un uomo della Nkvd, si chiama Josif Grigulevic e poi c’è Vidali. Che verrà accusato da molti di avere le mani sporche del sangue dei compagni assassinati, tra cui l’anarchico Camillo Berneri e il capo del Poum Andres Nin, che era stato anche amico di Mella.
Vidali ha sempre respinto le accuse e non si sono mai trovate le prove della sua responsabilità. Ma il comandante Carlos era anche un uomo della Nkvd. E’ dunque più che probabile che un ruolo nella guerra sporca l’abbia avuto. E Tina? Nessuna l’ha mai accusata di niente.
I due restano in Spagna fino all’ultima disperata battaglia. Poi raggiungono Parigi. Tina chiede il permesso di tornare in Italia a svolgere attività clandestina. Ma le viene negato, troppo pericoloso.
Allora lei e Carlos-Vittorio rientrano in Messico. Tina conduce una vita difficile. E’ invecchiata, troppe delusioni, troppi tristi ricordi, troppe morti e anche qualche pentimento. Fa traduzioni, aiuta i reduci. Dopo poco arriva in Messico anche l’uomo della Nkvd, Grigulevic. Ha una missione da compiere: uccidere Trotzky, che su invito di Rivera si era stabilito in Messico. Si è così ricostituita la coppia Josif-Carlos. La missione è compiuta nell’agosto del ’40.
Vidali viene arrestato con l’accusa di aver organizzato l’omicidio. Non ci sono prove e verrà scarcerato. Ma gli amici di Trotzky non hanno dubbi sulla sua responsabilità E sospettano anche di Tina.
Nella notte del 6 gennaio del 42, Tina muore sola, stroncata da un infarto, nel taxi che la sta riaccompagnando a casa, dopo una cena a casa di amici e una lite con Vidali. Aveva 46 anni.
Ma Diego Rivera non crede all’infarto e accusa Vidali di averla uccisa, perchè sapeva troppo sui tanti omicidi in Spagna e su quello di Trotzky e, rosa dai rimorsi, non era più affidabile. Non è mai stata trovata alcuna prova che questo fosse vero.
Pablo Neruda indignato da queste accuse e sospetti, scrisse nel suo epitaffio per Tina: <Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino / nella mia patria di neve perché alla tua purezza / non arrivi l’assassino, né lo sciacallo, né il venduto / laggiù starai in pace>.

g.g.

Le foto di Tina Modotti sono conservate in alcuni dei più importanti musei del mondo. A lei e alla sua vita sono state dedicate piece teatrali, canzoni, documentari, fumetti e film