<Nachue un mio nipote figliuolo di ser Piero mio figliuolo a dì 15 d’aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Batezollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, Papino di Nanni Banti, Meo di Tonino, Piero di Malvolto, Nanni di Venzo, Arigho di Giovanni Tedescho, monna Lisa di Domenicho di Brettone, monna Antonia di Giuliano, …>.
Così annota nel suo libro di ricordi Antonio, padre di ser Piero (il titolo ser allude nell’italiano rinascimentale alla professione notarile) e nonno di Lionardo, meglio conosciuto come Leonardo da Vinci, l’anno è il 1452. Ma chi è la madre? Carlo Vecce, docente all’Università di Napoli L’Orientale, uno dei massimi studiosi del Rinascimento e di Leonardo ipotizza che sia una schiava circassa, di nome Caterina. Lo stesso Vecce ha ritrovato, in un documento dell’Archivio di Stato di Firenze, l’attestato della sua liberazione. Guarda caso il notaio che ha stilato quel documento è Ser Piero Vinci, padre di Leonardo. Lo stesso di cui si parla nel ’certificato di nascita’ del piccolo Lionardo.
Qualcuno potrà obiettare (lo hanno già fatto ) che il collegamento è troppo debole. Che non si può considerare la scoperta di Vecce come un’acquisizione storica, come hanno fatto i media al momento della presentazione del romanzo (romanzo, e non articolo scientifico destinato ad una rivista specialistica). Chi leggerà il libro si farà una sua opinione, anche tenendo conto dell’ultimo capitolo in cui l’autore argomenta, a mio avviso in modo abbastanza convincente, la sua tesi.
Ciò detto, alla fine, che Caterina “filia Jacobi eius schiava seu serva de partibus Circassie”, figlia di un tal Jacob e proveniente dall’altopiano del Caucaso settentrionale abitato dai Circassi (oggi zona della Russia che si affaccia sul mar Nero), e proprietà della fiorentina Ginevra d’Antonio Redditi, sia o non sia la madre di Leonardo poco importa. Il romanzo è un grande affresco storico, in cui si susseguono come narratori personaggi intensi, ognuno dei quali è portatore di una storia appassionante e drammatica, sempre legata a Caterina: il principe circasso, la schiava russa, l’avventuriero toscano, il mercante veneziano, la mercantessa fiorentina, lo stesso Leonardo.
E’ davvero un magnifico affresco sull’epopea dei mercanti italiani del Rinascimento: le vicissitudini di Caterina permettono di descrivere un mondo di eroico di uomini (e donne) senza paura e senza scrupoli, che a partire dal ‘200 hanno creato in un’area vastissima (dal Caucaso all’Arabia, dalla Spagna a Costantinopoli) una rete di scambi commerciali e culturali, dominata da veneziani, genovesi, fiorentini, fra i quali molti ebrei, che permette alle merci, ma anche alle idee di muoversi con incredibile facilità. Una vera globalizzazione, nella quale i commerci non hanno quasi più bisogno di denaro contante: sono sufficienti lettere di credito ( antesignane dei nostri assegni). Leggendo il romanzo non si può non apprezzare la grandissima capacità di Vecce di maneggiare i documenti e trasformarli in un racconto appassionante.
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