Come afferma Giovanni De Luna nell’introduzione, da leggere magari dopo aver letto il libro, i fratelli Rosselli sono molto presenti nella toponomastica delle nostre città, ma <quasi del tutto assenti nel sapere storico diffuso tra i nostri studenti>.
E il bel libro di Fiori, pubblicato da Einaudi nel 1999 e ora riproposto da Laterza, colma benissimo questa lacuna. E’ a tutti gli effetti un libro di storia, ottimamente documentato, ma si legge come un romanzo.
<Ambizioso e tenace nelle sue ambizioni, Rosselli era senza scrupoli nell’uso dei mezzi pratici , dispregiatore degli uomini di cui egli stesso si serviva […]. Fondò il periodico “Giustizia e Libertà” e – per isfogare in qualche modo la torbida voglia d’azione che lo tormentava – si diede a organizzare attentati e manifestazioni abortive di antifascismo […]. In queste imprese, tra tragiche e ridicole, egli consumò anche buona parte del suo cospicuo patrimonio, senza ottenere altro frutto che di cenere e tosco […]>
Con queste false e volgari parole, riportate da Fiori, come tutte le citazioni che seguiranno, Giovanni Ansaldo, giornalista e consigliere di Galeazzo Ciano, direttore del Telegrafo di Livorno, uno dei più disinvolti voltagabbana della storia italiana, annuncia l’uccisone di Carlo Rosselli, di cui era stato amico, il 12 giugno 1937, attribuendola ad ambienti anarchici. Oggi la verità è stata ristabilita: <Significative le conclusioni di Renzo De Felice: “La documentazione oggi disponibile prova senza ombra di dubbio che il delitto fu commesso su mandato del Sim (l’intelligence militare del regime fascista) …. nel quadro di un’azione volta a sopprimere persone incomode e cioè esponenti attivi dell’antifascismo impegnati nel sostegno della Spagna repubblicana e nella denuncia dell’intervento italiano contro di essa.>
Ad essere ferocemente ucciso in quel giorno di giugno del 1937 non è stato solo Carlo, ma anche il fratello Nello, più defilato rispetto all’impegno totalizzante e appassionato di Carlo, ma anche lui antifascista convinto. Nelle ingiuriose parole di Ansaldo non si può non cogliere l’essenza del personaggio di Carlo Rosselli: appassionato, tenace, disposto a sacrificare la propria vita (partecipò alla guerra di Spagna) e il proprio patrimonio per affermare le proprie convinzioni antifasciste, in nome di un liberalismo attento alle questioni sociali o di un socialismo liberale e mai autoritario. Proprio quello che l’Italia, per sua disgrazia, non ha mai conosciuto.
Il libro ripercorre la storia pubblica dei due fratelli, con momenti avventurosi (la fuga in barca di Carlo dal confino di Lipari), ma soprattutto riesce ad entrare nell’intimità della famiglia, sempre attraverso la citazione di documenti, come gli epistolari. Una scelta come quella di Carlo e Nello coinvolge infatti non soltanto chi la compie ma l’intera famiglia. In primo luogo la madre, Amelia Pincherle Rosselli, giornalista, scrittrice, sostenitrice di istanze femministe, attivista politica, che, abbandonata dal marito, ha allevato tre figli da sola.
Come tanti tra i migliori intellettuali progressisti italiani, Amelia e i figli si erano schierati allo scoppio della prima guerra mondiale, su posizioni interventiste. Il figlio maggiore, Aldo, partito volontario, morì a 21 anni in Carnia. Amelia ha la grandezza di un personaggio epico: < Il primo figlio le era morto sulle Alpi; eppure non saliva mai sulle sue labbra, né per lui già sacrificato, né per gli altri due che preparavano colle loro mani il proprio sacrificio, un accento di debolezza o di rammarico >.
La grandezza morale e il coraggio non derivano da fanatismo o superficialità, ma da un senso del dovere verso la collettività che la accomuna ai figli e alle nuore, che coesiste però con una umanissima sensibilità. Si chiede, per esempio, quando i figli le annunciano il proposito di sposarsi < Ha un uomo il diritto di rendere infelice, con le sue disavventure politiche, la compagna che ha acconsentito con tanta dedizione a dividere la sua vita? Il libro documenta anche l’angoscia delle mogli di Carlo e Nello, Marion e Maria, che hanno accettato di condividere la vita dei loro mariti con sofferta fermezza, a volte assumendo anche un ruolo attivo. Fino al sacrificio finale, che non è solo di chi viene ucciso ma anche di chi resta e deve convivere per sempre con un dolore immenso.
Casa Rosselli è il ritratto collettivo di una famiglia sicuramente eccezionale, per livello culturale, influenza sociale, ricchezza. Gente che avrebbe potuto, almeno fino alle leggi razziali del 1938 (i Rosselli erano ebrei) godere dei propri privilegi. Proprio per questo, ancora oggi, conoscerli meglio non può non generare un sentimento profondo di ammirazione e commozione .
Come scrive il mensile comunista Lo Stato Operaio, diretto da Togliatti (ovviamente molto lontano politicamente dalle posizioni di Rosselli), <Carlo Rosselli fu una delle guide dell’antifascismo tra strati di borghesia democratica, di piccola borghesia e di intellettuali. Per questa ragione egli era particolarmente odiato dal regime, il quale tiene alla solidarietà della “gente per bene”. Non è frequente, dobbiamo riconoscerlo, incontrare negli strati che Carlo Rosselli rappresentava degli esempi di quel coraggio fisico e di quella devozione alla causa della libertà… I nostri dissensi dalle concezioni di Carlo Rosselli sono dissensi ammissibili nel quadro dell’antifascismo democratico. Noi li consideriamo come un affare dell’antifascismo, il quale, ciò nonostante, vuole e deve essere unito di fronte al nemico del nostro paese- il fascismo. I comunisti inchinano le loro bandiere alla memoria d Carlo e di Nello….>.
Giuseppe Fiori è stato un importante giornalista RAI, scrittore e politico.
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