Paradiso XXXIII, (vv.85- 90 / 115-120 /127-141)
Alla fine di questo eroico e straordinario viaggio, purificato dai suoi peccati. Dante ha ormai quasi raggiunto la condizione di beato e, come tutti i beati, è ammesso alla contemplazione di Dio. Ma come può un uomo, anche se è un grande poeta, descrivere Dio? Dante ci avverte che quello che ci dirà è solo un’ombra di quello che ha visto. La memoria , facoltà umana, non può che ricordare una frazione infinitesima di quella visione e le parole, strumento ugualmente umano, imperfetto, limitato, non possono descrivere fedelmente neanche quel barlume impresso nella memoria.
Ma Dante non è un poeta da tirarsi indietro di fronte alla sfida suprema. E impavido procede. La visione di Dio è triplice, ma non perchè sia Dio a mutare, ma perchè è la vista umana che, guardando Dio, diviene sempre più potente e penetra più a fondo nel mistero della divinità.
Prima visione.
Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
Dio è come un libro nelle cui pagine è contenuto, fuso insieme, l’universo intero, tutto ciò che ai nostri occhi si presenta separato: le realtà che esistono per se stesse e quelle contigenti, cioè che mutano, tutte le relazioni tra le cose, il passato, il presente, il futuro. Dio si presenta quindi come uno specchio del tutto.
Qui Dante ricorre alla terminologia della filosofia scolastica, a sua volta derivante da quella aristotelica, ma non dimentichiamo che il lettore del paradiso deve essere, secondo Dante stesso, una persona colta!
Seconda visione
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
Dio assume gradualmente un altro aspetto: tre cerchi, diversi per colori, ma dello stesso diametro. Il cerchio rappresenta simbolicamente la perfezione e l’eternità. L’immagine ci è più familiare, perchè allude alla trinità. Ma quel cerchio che sembra un arcobaleno riflesso da un altro (iri da iri) è un’immagine sublime. Ovviamente il cerchio riflesso, generato, è il Figlio, mentre il terzo cerchio non è altro che lo Spirito Santo , il respiro d’amore che unisce padre e figlio.
Terza visione
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’ elli indige,tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l’imago al cerchio e come vi s’indova;ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Eccoci alla terza visione. Dante si concentra sulla circonferenza che gli appariva come un “lume reflesso “, e improvvisamente quella circonferenza è anche un volto umano (pinta de la nostra effige). Questo è a mio avviso il momento più sublime ed emozionante della Commedia. Alla fine di un viaggio che lo ha portato prima al centro della terra e poi nell’ Empireo, Dante ha trovato non solo Dio , ma anche l’uomo, oppure per meglio dire, un Dio che è anche un uomo. Ma il povero Dante, che ha pur sempre limitate capacità umane, non capisce, per quanto si sforzi, come un cerchio possa essere anche un’immagine umana. Prova a usare al massimo la sua razionalità, come fa il matematico (geomètra) , che si sforza invano di capire qual è il motivo per cui la misurazione della circonferenza non è esatta come quella del perimetreo del quadrato. Ma la mente umana da sola non può cogliere il mistero di Dio. E’ solo la luce divina (il fulgore), simbolo della grazia, che può elevarlo alla condizione di beato, per la quale il desiderio di conoscenza e la volontà si muovono alla stessa velocità, realizzando una fusione armonica tra il microcosmo (l’animo di Dante) e il macrocosmo ( l’universo). Dio è venuto sulla terra perchè gli uomini, tutti gli uomini, potessero riconoscersi in Lui . Il viaggio verso Dio è un viaggio nella vera essenza dell’uomo.
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