«… c’era anche, su quei tratti, qualcosa di augusto e di eroico. Sì, ciò che mi colpì con forza, nel corso di quel fuggevole minuto, e il ricordo che ne ho serbato, è che la sua facies sembrava più sovrumana che soprannaturale, quasi asessuata; si sarebbe potuto benissimo prenderla per quella di un grand’uomo, di un illustre condottiero, di un poeta famoso. Tutto torna, in fondo: era stata una donna dallo spirito virile; dominazione e, al tempo stesso, poesia. Il coperchio fu richiuso»
Così Robert di Montesquiou, raffinato scrittore ed esteta francese, descrive l’aspetto di Virginia Oldoini contessa di Castiglione, morta a Parigi nel 1899 all’età di sessantadue anni, della quale di cui diventerà il primo cantore con la biografia molto romanzata La divine comtesse, pubblicato nel 1913.
La sua è la prima di una lunga serie di biografie e di mostre fotografiche che si susseguono da più di un secolo, fino al libro della storica Benedetta Craveri, “La Contessa”, pubblicato da Adelphi nel 2021, che ne ripercorre l’esistenza intrecciandola alla storia dell’Italia e della Francia della seconda metà dell’Ottocento. Quello della Craveri è un libro di storia che si legge come un romanzo (come accade anche per le altre opere della studiosa, tra cui non posso non citare Amanti e regine, il potere delle donne pubblicato nel 2005).
Del resto la vita della contessa è di per sé un romanzo, e che romazo! Giudicata la più bella donna della sua epoca, fu allo stesso tempo una giovane colta e poliglotta (a dodici anni padroneggiava francese, inglese, tedesco), una spregiudicata femme fatale, una spia, un’avventuriera braccata dai creditori, una patriota appassionata, tanto da divenire un personaggio di primo piano del nostro Risorgimento e da continuare, anche dopo l’unità d’Italia, a intrattenere rapporti epistolari con i potenti d’Europa. Amante di due sovrani, Napoleone III e Vittorio Emanuele II, e di molti altri uomini che ammetteva nel suo letto, anche nello stesso periodo, sia per ragioni di interesse sia per piacere, raramente per amore.
Virginia anticipa molte tendenze estetiche e culturali che diventeranno dominanti in Europa all’inizio del Ventesimo secolo. Il culto esasperato della personalità, la cura ossessiva della sua immagine, la volontà di stupire e di far parlare di sé, realizzata con grande successo. Alle feste in maschera della corte di Napoleone III, si presentava con abiti originalissimi, spesso osé, sempre molto costosi (tanto da mandare in rovina il povero marito che, ignaro del proprio destino, l’aveva sposata quando la divina aveva poco più di sedici anni), che venivano descritti con dovizia di particolari sulla stampa mondana parigina .

Due foto della contessa scattate dal fotografo Pierre Louis Pierson
La ragazza era davvero precocissima nell’arte della seduzione, anche per tempi nei quali si cresceva molto più in fretta di oggi: amante di Vittorio Emanuele II a diciassette anni, nel letto di Napoleone III a diciotto per perorare la causa italiana, inviata dal cugino conte di Cavour. Ovviamente nessuno può sapere quanto l’appoggio decisivo del sovrano francese al Piemonte nella guerra contro l’Austria sia dovuto alle indiscutibili virtù della Castiglione, ma certamente queste avranno aiutato a prendere una decisione non facile, costata alla Francia migliaia di morti.
Il culto della personalità della Oldoini, che non poteva giovarsi dei selfie e dei social, si tradusse nella passione per l’autoritratto fotografico. La sua straordinaria avvenenza non aveva bisogno di un pittore che la idealizzasse e lei stessa ne era del tutto consapevole. Si fece infatti immortalare per tutto l’arco della sua vita dal fotografo francese Pierre-Louis Pierson in una moltitudine di scatti. Partecipava personalmente alla ideazione del set, a volte sorprendentemente moderni, che la ritraevano sia mentre indossava i meravigliosi costumi dei balli di corte sia mentre interpretava una moltitudine di personaggi. Molte di queste fotografie sono oggi facilmente reperibili in rete e testimoniano la veridicità della sua fama.
Ma se il personaggio è così noto, in cosa consiste la novità del lavoro della Craveri, rispetto alle biografie precedenti? E’ l’autrice a dichiararlo nella prefazione: “Questo libro ha scelto un’altra strada e ha preferito restituire la parola a Virginia, intrecciando la sua voce a quella di coloro che l’avevano intimamente conosciuta: la madre, il padre, il marito, il figlio e gli uomini che più l’avevano amata. Innumerevoli documenti inediti conservati negli archivi italiani e francesi consentono infatti di ricostruire la sua personalità e la sua vita sulla base di dati nuovi…. “
Le fonti che la Craveri privilegia sono infatti le lettere di Virginia, dei suoi familiari, dei suoi amici, dalle quali emerge un personaggio non certo umanamente simpatico e attraente.
Tanto seducente in pubblico, Virginia rivela, nei rapporti con le persone che le sono più vicine (soprattutto la madre, il marito, disposto a perdonarle ripetuti tradimenti di cui non poteva essere all’oscuro, il figlio Giorgio, nei confronti del quale non manifesta nessun vero interesse), un atteggiamento freddo, egocentrico, opportunista e manipolatorio, rivelatore di un grave disagio psichico.
La solitaria reclusione a cui si autocondanna per lunghi periodi della sua vita e negli anni che precedono la sua morte, quando la sua sublime bellezza è ormai svanita è sicuramente anche il frutto di questa incapacità di provare e trasmettere amore e affetto. Ma deriva anche e soprattutto da non poter tollerare di non essere al centro dell’ammirazione generale o per ragioni contingenti o per la perdita, dopo la giovinezza, della sua straordinaria avvenenza. Insomma Virginia considera gli altri solo un pubblico, dal quale vuole essere ammirata e idolatrata. Quando questo non succede gli altri possono scomparire.
E in fondo Montesquieu osservando quella maschera funebre quasi asessuata ne coglie forse il segreto più profondo. Nel corpo della donna più bella dell’epoca si celava forse un’indole dalle caratteristiche più tipicamente maschili (almeno nel sentire comune): durezza, insensibilità, desiderio di potere, che potevano e possono determinare il successo di un politico, di un uomo d’affari, ma che mal si conciliavano, nell’epoca in cui Virginia si trovò a vivere, con la visione della femminilità imposta dalla società. Fu questa impossibilità a realizzare la propria indole a determinarne il carattere instabile e anafettivo? Una risposta è impossibile, ma è certo invece che la libertà e la spregiudicatezza sessuale che traspare dai documenti sarebbe stata oggetto di vanto per molti uomini non solo della sua epoca.
This really answered my drawback, thank you!
I¡¦ve been exploring for a little bit for any high quality articles or blog posts on this kind of house . Exploring in Yahoo I finally stumbled upon this website. Reading this information So i am glad to express that I have an incredibly good uncanny feeling I found out exactly what I needed. I most undoubtedly will make certain to do not overlook this site and give it a look regularly.