Forese Donati, l’amico con il quale Dante ha trascorso gli ultimi anni felici della sua vita di giovane fiorentino lo ritroviamo in Purgatorio, fra i golosi. La penitenza è assolutamente coerente e segue la regola del contrappasso: i golosi sono tormentati da una fame e da una sete che non possono saziare, e la sofferenza è aggravata anche dal profumo emesso da frutti appesi ad alberi irrorati da un’ acqua limpidissima, che ovviamente i penitenti non possono toccare. E il loro corpo fittizio, anche se è formato d’aria, è la testimonianza migliore di questa sofferenza: ormai privi completamente di carne, la loro pelle, secca e squamata, è sostenuta unicamente dalle ossa, così che il loro aspetto è completamente deturpato.
Se non fosse Forese a chiamarlo a gran voce Dante non potrebbe riconoscerlo. I due amici, ansiosi di sapere l’uno dell’altro, si scambiano domande che si sovrappongono. Dante è, allo stesso tempo, addolorato per l’aspetto sofferente di Forese e felice di sapere che l’amico è comunque destinato alla beatitudine eterna. Ma si pone una domanda: come è possibile che Forese sia già nel Purgatorio? Lui sa bene che si è pentito solo alla fine della sua vita, quando non aveva più la possibilità di peccare. Dovrebbe essere, in attesa, ancora nell’ Antipurgatorio.
(Purgatorio, canto XXIII, vv. 76-90)
E io a lui: «Forese, da quel dì
nel qual mutasti mondo a miglior vita,
cinqu’ anni non son vòlti infino a qui.Se prima fu la possa in te finita
di peccar più, che sovvenisse l’ora
del buon dolor ch’a Dio ne rimarita,come se’ tu qua sù venuto ancora?
Io ti credea trovar là giù di sotto,
dove tempo per tempo si ristora».Ond’ elli a me: «Sì tosto m’ha condotto
a ber lo dolce assenzo d’i martìri
la Nella mia con suo pianger dirotto.Con suoi prieghi devoti e con sospiri
tratto m’ha de la costa ove s’aspetta,
e liberato m’ha de li altri giri.
Forese spiega: sono state le devote preghiere della moglie Nella che gli hanno permesso di abbreviare il percorso, tanto che, a meno di cinque anni dalla morte, è già prossimo al Paradiso. Nella è un’eccezione di pudicizia e rettitudine nella Firenze del tempo, tanto che Forese, che ovviamente rispecchia il pensiero di Dante, lancia una dura invettiva contro le donne fiorentine.
(Purgatorio, canto XXIII, vv. 90-105)
Tanto è a Dio più cara e più diletta
la vedovella mia, che molto amai,
quanto in bene operare è più soletta;ché la Barbagia di Sardigna assai
ne le femmine sue più è pudica
che la Barbagia dov’ io la lasciai.O dolce frate, che vuo’ tu ch’io dica?
Tempo futuro m’è già nel cospetto,
cui non sarà quest’ ora molto antica,nel qual sarà in pergamo interdetto
a le sfacciate donne fiorentine
l’andar mostrando con le poppe il petto.Quai barbare fuor mai, quai saracine,
cui bisognasse, per farle ir coperte,
o spiritali o altre discipline?
In una Firenze più barbara della Barbagia, richiamata qui per la sua radice etimologica, le sfacciate donne fiorentine se ne vanno in giro mostrando le poppe, in barba a provvedimenti dell’autorità politica o religiosa (non sappiamo a cosa Dante alluda), peggio appunto delle barbare e delle islamiche (di cui, evidentemente, Dante conosce poco i costumi).
Ma cosa nascondono in realtà queste parole?
( Purgatorio, canto XXIII, vv. 115-117)
Per ch’io a lui: «Se tu riduci a mente
qual fosti meco, e qual io teco fui,
ancor fia grave il memorar presente.
L’invettiva contro le donne è in realtà un’invettiva contro la corruzione di un’intera città, nella quale il denaro scorre abbondantemente e con esso i piaceri che esso può offrire. Anche Dante ha partecipato alla vita spensierata comune ai giovani del suo ceto, come Forese, e probabilmente il peccato della gola allude, più che a un desiderio smodato di cibo, a una vita godereccia che non disdegnava la sosta nelle numerosissime osterie fiorentine, la partecipazioni a banchetti allietati da belle signore, di liberi costumi Ma non è tutto.
Anche Forese era un poeta e si dilettava a comporre, come Dante in quel periodo , versi scherzosi e licenziosi. Celebre una loro tenzone, un duello poetico di sei sonetti, nei quali i due amici non si risparmiano battute insolenti e offensive. Ecco il sonetto in cui Dante parla della virtuosa Nella
Chi udisse tossir la malfatata
moglie di Bicci vocato Forese,
potrebbe dir ch’ell’ha forse vernata
ove si fa ’l cristallo in quel paese.
Di mezzo agosto la truovi infreddata;
or sappi che de’ far d’ogni altro mese!
E non le val perché dorma calzata,
merzé del copertoio c’ha cortonese.
La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia
non l’addovien per omor ch’abbia vecchi,
ma per difetto ch’ella sente al nido.
Piange la madre, c’ha più d’una doglia,
dicendo: «Lassa, che per fichi secchi
messa l’avre’ ’n casa del conte Guido!».
La poverina tossisce ed è raffreddata tutto l’anno, come se vivesse nel paese dei ghiacci. Non le serve dormire con le calze, e non è per la vecchiaia. Ciò che le manca è il copertoio, la copertura da parte del marito, che evidentemente preferisce trascorrere le sue notti in modo diverso, e il difetto (la mancanza) nel nido è un’altra allusione non troppo velata.
Descrivendo Forese, come tanti altri personaggi della Commedia, Dante descrive se stesso, le colpe di Forese sono le sue e le parole che Dante mette in bocca all’amico , “la vedovella mia, che molto amai”, possono essere lette come una ritrattazione, ovviamente di Dante stesso, del sonetto. Ma questo periodo di dissolutezze morali e artistiche è ormai tramontato: Dante è un uomo e, soprattutto, un poeta, completamente diverso. Il cambiamento è avvenuto grazie alla sua guida.
( Purgatorio, canto XXIII, 117-118)
Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi, l’altr’ ier,…
Il significato letterale è chiaro: grazie a Virgilio, che lo precede, Dante ha lasciato da alcuni giorni la Selva oscura. Altrettanto chiaro è il significato allegorico: lo studio di Virgilio lo ha portato a comprendere che l’ impegno artistico non può essere disgiunto da quello morale, altrimenti la letteratura diviene anch’essa un’ attività peccaminosa, che distoglie da Dio. Dante si sente investito da una missione artistica e morale che gli sarà definitivamente chiarita, quando arriverà in Paradiso, dal suo avo Cacciaguida.
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