Quante volte aprire una scatoletta di tonno ha risolto il problema di un pranzo preparato all’ultimo momento, quando si hanno pochi minuti prima di dover uscire di nuovo, o si è deciso di rimandare la spesa al giorno successivo! Ma raramente ci si chiede chi sia stato ad inventare le cose che ci facilitano la vita, se non si tratta di grandi scoperte scientifiche che hanno poi trovato applicazioni pratiche. Ecco,  la scatoletta di tonno l’ha inventata Vincenzo Florio, a metà dell’Ottocento, sostituendo al  metodo di conservazione del tonno simile a quello del merluzzo (essiccato e sotto sale), un modo molto più pratico (per il consumatore): cuocerlo e conservarlo sott’olio, per tempi anche lunghissimi.
Vincenzo Florio è uno dei protagonisti del romanzo storico di Stefania Auci. Lui e la sua famiglia, le cui vicende non è esagerato dire che sconfinano nella leggenda.
Dopo l’ ennesimo terremoto che colpisce Bagnara Calabra, nel 1799, i fratelli Paolo e Ignazio Florio, piccoli commercianti di spezie, decidono di trasferirsi a Palermo dove possiedono una piccola rivendita, un’aromateria.  Paolo decide di  portarsi dietro la moglie Giuseppina e il piccolo Vincenzo (quello della scatoletta). La vita a Palermo è inizialmente durissima, la casa è un tugurio “ un catojo”, dove Giuseppina si sente una profuga, lei che <non è una miserabile, ma deve emigrare per trovare il pane, ha un terreno, ha un corredo, ha una dote>. Ma neanche Paolo e Ignazio all’inizio se la passano bene: la bottega è malandata e gli altri rivenditori di spezie li disprezzano, considerandoli dei pezzenti, dei “facchini”.
Ma i fratelli Florio non si lasciano intimidire, sono uomini coraggiosi, lavoratori instancabili e mercanti geniali e spregiudicati. Sicuramente anche le umiliazioni iniziali sono una spinta ad affermarsi. La loro bottega diventa la migliore della città, poi, affiancandosi a uomini d’affari inglesi, passano dalle spezie allo zolfo e ad ogni genere di merce che possa essere scambiata tra la Sicilia e il resto del mondo. Acquistano terreni, case, tonnare,  approfittando della scarsa attitudine agli affari di molti siciliani. Nel giro di due generazioni, diventeranno assicuratori, banchieri , armatori, trasformeranno il Marsala, vino di scarsa qualità destinato ai marinai, in un eccellenza che vince premi nelle varie esposizioni italiane ed europee.
E’ soprattutto grazie a Vincenzo, che grazie alla lungimiranza del padre Paolo ha ricevuto un’ottima educazione e ha viaggiato per l’Europa, che “Casa Florio” si trasforma in una potenza economica  mai vista in Sicilia, che riesce a conservare e ad incrementare il suo patrimonio nonostante le rivoluzioni che si susseguono, che travolgono molti commercianti. Anche lo sbarco di Garibaldi e la cacciata dei Borboni, a cui i Florio erano strettamente legati, non danneggeranno le fortune della famiglia.
Eppure a tanto successo economico non corrisponde un adeguato prestigio sociale: le nobili famiglie palermitane, chiuse in una mentalità arrogante, che considera l’antichità della famiglia l’unico elemento degno di rispetto, rifiuta di trattare i Florio, incomparabilmente più ricchi, da pari a pari, anche se talvolta sono costrette a chiedere il loro aiuto per non fallire.
Anche i rapporti interni alla famiglia non sono idilliaci: Giuseppina prova per il marito un rancore che tutti gli agi che l’ascesa sociale le procurano non riescono ad attenuare. Paolo appare duro ed implacabile, come forse non può non essere un capitalista partito dal nulla.  Ignazio, più sereno ed equilibrato vive un amore impossibile e non riesce a crearsi una sua famiglia. Sente che nell’amatissimo, nipote Vincenzo <c’è una parte oscura… Un’inquietudine di fondo , uno spirito di ribellione che lo allarma>. Vincenzo non si accontenta mai degli incredibili traguardi raggiunti, vorrebbe un riconoscimento sociale al quale è inizialmente disposto a sacrificare anche l’amore per una donna eccezionale, la milanese Giulia, colpevole di non appartenere a quella aristocrazia siciliana che continua a non considerarlo un proprio pari.
Il romanzo appare ottimamente documentato e vuole essere un romanzo storico. L’autrice, all’inizio delle varie sequenze narrative, fornisce qualche notizia storica per capire meglio le vicende narrate. Si poteva forse fare una scelta diversa, integrando la storia nella narrazione, ma in questo modo l’autrice facilita la comprensione dei fatti al lettore che forse non ricorda tutti i passaggi della storia della Sicilia dell’Ottocento.  Del resto anche Manzoni, nei “Promessi Sposi” dedica alcuni capitoli del suo romanzo alla narrazione dei fatti storici.
Il romanzo è coinvolgente e la storia dei Florio interessantissima e  quasi incredibile, se si pensa alla carenza di “animal spirits” capitalistici che caratterizzano la moderna  storia italiana e soprattutto siciliana.
Eppure il buon vecchio  Manzoni aveva forse  visto giusto: quando si mettono insieme fatti storici documentati e storie personali, che descrivono  i sentimenti più intimi dei protagonisti, che ovviamente sono frutto della fantasia dello scrittore non tutti i conti tornano. Manzoni, incapace di risolvere il problema, non scrisse più romanzi dopo i “ Promessi Sposi”. E’ augurabile, invece, che Stefania Auci continui a farlo.

 

Stefania Auci è in testa alle classifiche di vendita il Italia, il suo romanzo è già stato venduto in mezzo mondo e diventerà probablmante una serie televisiva. L’autrice è anche insegnante di sostegno. Ha pubblicato in precedenza Florence e La cattiva scuola.

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