(Inferno III, 32 -60)

Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».

E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

E io, che riguardai, vidi una ‘nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;

e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.

Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.

Incontanente intesi e certo fui
che questa era la setta d’i cattivi,
a Dio spiacenti e a’ nemici sui.

Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi.

Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.

Ecco la prima schiera di dannati: gli ignavi. In realtà non sono tecnicamente dei dannati: sono tanto spregevoli che non li vuole nessuno…. nè il  Paradiso (ci mancherebbe altro!) , ma neanche l’Inferno. Anche l’Inferno bisogna guadagnarselo. Questi hanno passato la vita a non scegliere, a non schierarsi, a non rischiare. In mezzo a loro ci sono anche gli angeli che quando Lucifero si è ribellato a Dio non hanno preso posizione. Per questo non vale la pena di parlarne, è sufficiente uno sguardo e poi, dice Virgilio, andiamo oltre.

Eppure Dante qualche parola gliela dedica, creando il primo, grandissimo, contrappasso (rapporto tra colpa e pena). Qui il contrappasso costringe i dannati a fare quello che non hanno mai fatto in vita: correre dietro una bandiera, che procede velocissima, senza possibilità di soste. Sono moltissimi, sono morti, ma in realtà non sono mai stati vivi, perchè vivere significa scegliere, esporsi, anche a costo di essere condannati all’esilio e perdere tutto. Dante ne riconosce uno, ma volutamente non lo cita per nome,  e noi a chiederci se si tratta veramente del papa Celestino V, che  abdicando, spianò la strada a Bonifacio VIII, vera anima nera della Commedia.

Dopo una vita passata nell’inerzia e nella viltà adesso correranno per tutta l’eternità, nudi e continuamente trafitti da vespe e mosconi, che fanno sì che il loro sangue scorra fino ai loro piedi, a nutrire dei vermi schifosi. Come vermi schifosi sono stati loro in vita.

Molti anni dopo Gramsci scrisse più o meno la stessa cosa: <Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire partecipare… l’indifferenza è abulia, è parassitismo è vigliaccheria, non è vita.>