Nel romanzo si intrecciano due storie e due piani temporali. Gli esperimenti “scientifici” su un gruppo di internati in un lager nazista in territorio prussiano, condotti da Hans Lichtblau, maggiore delle SS emigrato in Germania dagli Stati Uniti, dove la sua famiglia si era trasferita in cerca di fortuna. E la caccia avventurosa allo stesso Lichtblau, nel centro America, quanrant’anni dopo, da parte di due internati sopravissuti alla Shoa, Shlomo Libowitz, nato in un villaggio polacco ed emigrato dopo la guerra in Israele, e Anton Epstein, medico e figlio di medico, appartenente alla borghesia praghese.
In realtà la trama serve ad Alonge per introdurre una molteplicità di argomenti storici, trattati con un discreto approfondimento.
La vita di Lichtblau consente all’autore di raccontare l’espansione ad est della Germania nazista, sostenuta dalla teoria della Drang nach Osten e il graduale affermarsi della “soluzione” finale; la violenza e la brutalità dell’ esercito russo; la mancata epurazione di molti criminali di guerra da parte dei vincitori, per i quali l’obbiettivo è soprattutto contrastare l’Unione Sovietica, solo per citare i principali.
Le vicende dei due protagonisti ebrei mostrano anche le profonde differenze tra individui accomunati dal terribile destino dell’internamento.Shlomo, il fglio della famiglia contadìna polacca, che ripone nel sionismo tutte le sue speranze e Anton, che si sente europeo, laico, che considera gli “ebrei orientali” con un misto di commiserazione e disprezzo. Anche molti aspetti della storia del secondo dopoguerra entrano nel romanzo, come la delusione per la mancata realizzazione degli ideali del comunismo e del sionismo originario.
La fine del romanzo, già quasi una sceneggiatura per un film d’azione, è ambientata in Nicaragua e si inserisce nella guerra tra Sandinisti e Contras.
Il lettore riesce quasi sempre ad orientarsi, nonostante la complessità della trama (con continui rimandi a tempi diversi) e la molteplicità personaggi. Alla fine del libro avrà ripassato o imparato parecchi argomenti degli ultimi quarant’anni di storia, senza certamente essersi annoiato.
Giaime Alonge è uno docente universitario di Storia del cinema, sceneggiatore e romanziere.
Il dottor Mengele e i carnefici in camice bianco

Josef Mengele
Josef Mengele fu il più noto criminale nazista in camice bianco. Ma non fu il solo, anche se forse fu il più crudele- Furono molti i medici che utilizzarono i deportati dei lager come cavie per i loro esperimenti, spesso folli e sempre feroci e devastanti per le loro vittime.
In ogni campo c’era una pattuglia di medici incaricata di sfruttare l’enorme materiale umano che poteva essere usato e martoriato senza problemi. La loro attività non era frutto di iniziative individuali o di particolare perversione, ma veniva svolta quasi sempre in collaborazione con istituzioni scientifiche e mediche tedesche, alle quali venivano inviate relazioni ed organi.
Mengele, appena trentenne, era “l’angelo della morte”, così lo chiamavano ad Auschwitz. Era lui ad aspettare sulla banchina il treno in arrivo carico di deportati e a scegliere in pochi minuti chi doveva essere spedito alle camere a gas e chi al lavoro. Era un uomo meticoloso e, come tutte le SS, implacabilmente dedito alla sua missione di morte. Anche il giorno prima dello sgombero, con i sovietici a pochi chilometri, svolse imperturbabile il suo compito. Esaminò i 506 poveretti che vennero scaricati dall’ultimo treno e ne mandò alla camera a gas circa 470.
L’interesse principale di Mengele erano i gemelli, quasi un’ossessione. Lo scopo era lo studio della purezza della razza e della sua ereditarietà. Allo stesso scopo studiava anche i casi di nanismo. Tutti i bambini gemelli, diverse centinaia, venivano portati in una baracca speciale, con loro grande gioia, perchè erano trattati molto meglio rispetto agli altri bambini. Ma qui venivano sottoposti ad esami ed esperimenti di ogni tipo, in alcuni casi anche asportazioni di organi, a volte senza anestesia. Molti erano uccisi, spesso direttamente da Mengele con un’iniezione di fenolo o più sbrigativamente con un colpo di pistola in testa, per studiarne gli organi interni.
Tentò anche di cucirne assieme due per ottenere gemelli siamesi, ma andarono in cancrena e morirono.
Un altro esperimento che appassionava Mengele era quello per ottenere occhi azzurri, così da poter avere tutti tedeschi con occhi di quel colore. Per questo scopo iniettava nell’iride blu di metilene, ma riusci solo a ottenere la cecità degli sventurati.
Assieme ad un collega studiò anche gli effetti della dissenteria. I malati venivano vivisezionati, perchè si diceva fosse l’unico modo per studiare le lesioni interne.
Mengele, come è noto, riuscì a sfuggire alla cattura, grazie ad un documento falso rilasciato dal comune di Termeno in val Venosta, che rilasciò documenti a molti altri nazisti, tra cui Eichmann.
Un altro medico a Dachau, per studiare gli effetti di una caduta da alta quota, rinchiudeva i prigionieri in una stanza nella quale veniva abbassata la pressione fino alla loro morte, così da verificare gli effetti sull’organismo, I corpo venivano poi sezionati e volte ci fu l’antipatico inconveniente che qualcuno era ancora vivo.
Lo stesso medico, Sigmund Rascher, fece esperimenti sulla resistenza al freddo, immergendo decine di deportati in acqua gelata, anche per più di un’ora, portando la temperatura corporea fino a 24 gradi e cioè alla morte. Qualcuno non moriva, venivano allora fatti esperimenti di riscaldamendo. Si scoprì che uno dei più efficaci era quello di mettere l’uomo in un letto abbracciato da due donne nude, anche per un giorno intero.
In altri campi si fecero studi su varie malattie infettive, che colpivano i militari tedeschi al fronte, iniettando virus o batteri nei prigionieri. A Dachau a 300 prigionieri fu trasmessa la malaria. Solo 30 morirono per la malattia, 270 a causa delle medicine provate su di loro
Diversi medici studiarono sistemi per sterilizzare donne di razza non pura, tali da poter essere applicati su scala di massa senza che le donne se ne accorgessero. Furono provate iniezioni di vari acidi nell’utero. E un sistema basato su dosi massicce di raggi X, sia su donne che su uomini, tale da poter tratta circa 3000 persone al giorno. Queste ricerche furono un fallimento, ma i danni sui prigionieri notevoli.
A Buchenwald si cercò anche il modo di guarire dall’omosessualità, come massicce iniezioni di testosterone.Il dottor Heissmeyer si fece mandare 20 bambini da Auschwitz, che furono fatti ammalare di tubercolosi per sperimentare un vaccino. L’esperimento fallì, e siccome stavano arrivando i russi, il medico ordinò che i bambini –prove del suo operato criminale – venissero uccisi. Furono impiccati nei sotterranei di una scuola di Amburgo e poi cremati.
Un chirurgo delle SS asportava muscoli o ossa per studiare la possibilità di trapianti. Otto Bickenbach, sperimentò sugli zingari gli effetti dell’urotropina, provocando la morte di almeno la metà di loro. Per studiare in quanto tempo si potevano recuperare le forze, i sopravvissuti venivano fatti correre e frustati.
A Buchenwald si metteva veleno nel cibo per studiarne gli effetti. E i medici Eisele e Neumann studiarono il meccanismo del vomito mediante la vivisezione, mentre altri “medici” sperimentavano gli effetti mortali di trasfusioni di gruppi sanguigni diversi.
Questa pseudoscienza degli orrori fu anche un completo fallimento, basandosi quasi sempre su principi o ipotesi prive di qualunque fondamento scientifico. Frutto di una follia criminale che si era fatta stato.
g.g.