Dopo L’attentato, uscito nel 2005, che ho letto nell’edizione Sellerio del 2016 , ho subito acquistato (e divorato) Khalil, (2018 Sellerio) entrambi dello scrittore algerino Mohammed Moulessehoul (Yasmina Khadra è il suo pseudonimo femminile, nonchè il nome della moglie).
Entrambi i romanzi ruotano attorno alla storia di due shahīd, parola araba che abbiamo imparato a conoscere e che significa letteralmente testimone della fede. Solo che, purtroppo, questa testimonianza comporta, in casi estremi, attentati suicidi e stragi di innocenti.
Credo che sia impossibile non chiedersi cosa possa muovere una persona, quasi sempre un giovane con un’intera vita davanti, a compiere un gesto così estremo. Certo una fede incrollabile in una ricompensa futura è il requisito imprescindibile, ma ovviamente non è sufficiente. A questa domanda prova a rispondere Khadra.
La sua narrazione ha lo stile e il passo del giallista e così l’indagine delle motivazioni psicologiche e sociali che portano un individuo a questa terribile scelta si inserisce in una trama ricca di suspence e di svolte narrative impreviste.
Sembrerebbe difficile parlare de L’attentato senza togliere proprio questa suspence al romanzo. Ma va detto che non è la scoperta dell’identità dell’attentatore (che nella prima edizione italiana si intitolava L’attentatrice) ad essere l’argomento principale del romanzo.
Il protagonista è infatti Amin Jaafari affermato chirurgo di Tel Aviv, figlio di beduini, naturalizzato israeliano, perfettamente integrato nella buona società. La sua esistenza va a rotoli quando scopre che l’autore di un attentato che causa la morte anche di molti bambini è la persona a lui più cara e più vicina: la moglie Sihem, che ha condiviso con lui fino a quel momento una vita di benessere e successo. Il romanzo diviene allora una ricerca ossessionante delle motivazioni che hanno portato la donna ad una scelta apparentemente incomprensibile. Amin si sente tradito e allo stesso tempo colpevole di non essersi accorto di nulla.
L’unica ragione per sopravvivere è capire le motivazioni di Sihem e questo lo porta ad un viaggio nelle sue origini, che aveva abbandonato e quasi rimosso. Riscoprirà così un mondo allo stesso tempo vicinissimo e lontanissimo dalla ovattata e gratificante vita borghese che, grazie soltanto alla sua determinazione e alle sue capacità, si era faticosamente costruito. La sua ossessiva indagine lo porterà a (ri)scoprire la realtà di un popolo, quello palestinese che, privato della patria e privo di speranze, può diventare facilmente preda del fanatismo islamico.
Khalil è invece il vero protagonista del romanzo omonimo, ispirato dalla vicenda degli attentati di Parigi del 13 e 14 novembre 2015, culminati nella strage del Bataclan. L’autore si è chiaramente ispirato a Salah Abdeslam, l’unico attentatore sopravvissuto. Anche Khalil è un ragazzo belga, di origine marocchine cresciuto nel quartiere Molenbeek di Bruxelles (dove è stato arrestato Abdeslam). La famiglia di origine non rappresenta un modello di integrazione, ma a Khalil non mancherebbero delle possibilità di migliorare la propria condizione, come è accaduto al suo amico Rayan.
Naturalmente lo sforzo richiesto a un ragazzo immigrato di seconda generazione è grande, ma se la famiglia lo sostiene, con un buon percorso scolastico è possibile, come dimostra la vicenda del suo migliore amico, trovare un buon lavoro e raggiungere una condizione economica soddisfacente. Ma non è questo il destino di Khalil: disprezzato dal padre, con una madre analfabeta incapace di guidarlo, abbandona la scuola e subisce il fascino sinistro dell’integralismo radicale, fino alla scelta estrema di diventare uno Shahīd. Ma qui comincia il vero e proprio romanzo, pieno di colpi di scena.
Molto felice la scelta di usare, per entrambi i romanzi, la prima persona che porta il lettore a vivere con più consapevolezza le emozioni dei protagonisti. Naturalmente non c’è, nei romanzi, nessuna giustificazione di una scelta tanto orrenda, ma una doverosa volontà di capire. E va detto che, purtroppo, date le condizioni storiche e sociali, capire non porta affatto a sperare in un futuro prossimo privo di questi orribili gesti.
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