Inferno V (115-142)

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’ io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

Dante è turbato dal racconto di Francesca, la pietà e la tristezza per i due amanti sembra prevalere sulla condanna, doverosa per un cristiano, nei confronti di peccatori che hanno offeso la legge divina. Ma deve ancora sapere qualcosa della storia dei due dannati. Essere innamorati non significa per forza dichiarare esplicitamente il proprio amore (e andare oltre la dichiarazione!).  Soprattutto se l’oggetto dell’amore è tua cognata (o cognato).

In una situazione simile sarebbe logico aspettarsi un certo riserbo, che avrebbe oltretutto salvato la vita e l’anima dei due amanti. E Dante vuol sapere proprio questo: quando l’amore era ancora soltanto un dolce e segreto sospiro, che magari non si osa confessare neppure a sé stessi, quando si teme che chi è oggetto del nostro amore non ricambi il sentimento,  come è potuto accadere che il dubbioso desiderio venisse esplicitamente dichiarato?

Per Francesca rievocare il passato felice (che per lei rappresenta la vita terrena fuori dall’Inferno) è il maggior dolore che si possa provare (e lo stesso sentimento non può non essere anche di Virgilio, anche lui, pur non peccatore, condannato all’Inferno). Ma Francesca, per soddisfare il desiderio di Dante, fra le lacrime, lo farà. Lei e Paolo un giorno, senza lontanamente sospettare quello che sarebbe successo, leggevano il Lancelot, romanzo del secolo XII, che narra le avventure di Lancillotto, cavaliere di re Artù, e la sua storia d’amore per Ginevra, moglie dello stesso Artù.

Leggendo quella storia Paolo e Francesca non possono non guardarsi negli occhi, il pallore rivela il loro sentimento.  Arrivano a un punto cruciale: Lancillotto, perdutamente innamorato, bacia la bocca ridente e tanto desiderata di Ginevra. E Paolo, tremando,  non può non fare altrimenti. E’ stato il libro a rivelare il loro amore, come il siniscalco Galeotto ha fatto con Lancillotto e Ginevra. Francesca, pudica, non va oltre, ma  quello che è successo dopo lo possiamo immaginare. Il turbamento di Dante è diventato così forte da sopraffarlo, tantochè sviene.

E’ uno svenimento simbolico: anche Dante si era ispirato, nella scrittura delle liriche stilnovistiche, alla tradizione letteraria e all’ideologia cortese. Ora scopre che quella letteratura può essere pericolosa per l’anima. Per la sua e per quella dei suoi lettori. Questo svenimento, che è una morte simbolica, indica il superamento di quella esperienza letteraria, che sarà poi recuperata con un altro significato.