capitolo precedente …. 4) Calabresi e la prima gambizzazione

 

1974

 

Anno terribile: due stragi fasciste e altre due sfiorate, attentati e morti e ben due colpi di Stato in programmazione. La crisi economica si aggrava, l’inflazione è fuori controllo. Il quadro politico è confuso. La svolta a destra con il governo Andreotti-Malagodi, che tanto era piaciuta a Nixon e Kissinger, è fallita. Al congresso Dc di giugno 73 l’alleanza tra Moro, Rumor e Fanfani ha vinto. Rumor è tornato a Palazzo Chigi e con lui un governo di centrosinistra. Ma Fanfani, nuovo segretario Dc, gioca su più tavoli. Ha riportato i socialisti al governo, ma si mette alla guida della parte più conservatrice del Paese. E continua a progettare una riforma della Costituzione, che limiti i poteri del Parlamento in favore del governo e del presidente della Repubblica e una riforma elettorale in chiave maggioritaria.

Il referendum sul divorzio

Manifesto contro la legge sul divorzio

L’occasione per spingere in quella direzione è il referendum di maggio contro il divorzio. L’appuntamento ha assunto un significato politico che va ben al di là della legge. Fanfani,  sostenuto dal Vaticano, al quale si è accodata tutta la destra, compresa l’ala presidenzialista-golpista, pensa che una vittoria darebbe il via ad una svolta in senso conservatore, con conseguente ricacciata indietro del Pci e del movimento innovatore e progressista che negli utlimi sei anni è cresciuto nella società. Non è un caso dunque che uno dei principali finanziatori della campagna antidivorzista sia il piduista Sindona, che versa alla Dc due miliardi .

Allo stesso tempo, in molti temono che una vittoria del fronte divorzista possa aprire le porte ad un’ulteriore avanzata del Pci verso la realizzazione del compromesso storico, nei confronti del quale alcuni settori della Dc, con Moro in testa, sembrano mostrare qualche interesse.
L’esito del referendum preoccupa anche gli americani. Kissinger segnala a Nixon che il referendum sul divorzio potrebbe causare un terremoto nella politica italiana e che: <Il leader comunista Berlinguer spinge il compromesso storico, un’alleanza Pci-Dc, ma Fanfani si oppone. Anche se i comunisti vincessero, non dovrebbero per questo andare al governo. Ma tutto è possibile>.

La fabbrica non basta, colpire al cuore lo Stato

La Br iniziano l’anno bruciando un certo numero di auto di dirigenti d’azienda. Ma si sono anche convinte che, per un’avanguardia rivoluzionaria con le loro ambizioni, rimanere rinchiusi nel perimetro delle fabbriche non è più sufficiente. C’è dell’altro là fuori nella società e c’è lo Stato. Anche perchè la grande ondata delle lotte operaie sta ormai rifluendo. I comitati di base, che avevano giocato un ruolo in quelle lotte, si sono indeboliti e il sindacato è riuscito a mantenersi egemone.

In aprile, nell’opuscolo “Contro il neo-gollismo portare l’attacco al cuore dello Stato”, scrivono: <l’offensiva padronale e capitalistica si sposta sempre di più fuori della fabbrica …. il progetto neogollista è un progetto armato che punta alla crescente militarizzazione del potere…Per questo si rafforza il controllo dei  corpi separati dello stato… riconducendoli progressivamente ad una nuova disciplina. esempio più clamoroso è offerto dalla magistratura>. Il documento delle Br fa esplicito riferimento al referendum sul divorzio. <Per il neogollismo è l’occasione per mettere in pratica i suoi disegni di «riforma costituzionale» e stringere in un patto di ferro tutta la destra>.
<Entriamo in una nuova fase della guerra di classe…  l’iniziativa armata va rivolta contro i centri vitali dello stato>.  E’ una svolta, dalla propaganda armata si passa all’attacco al cuore dello Stato.

Il documento che, forse per la prima volta, fa i conti con la fase politica, ricade in una visione tutta falsata della realtà. Continua a parlare di una militarizzazione che non c’è. L’azione repressiva dello Stato, proprio nei confronti delle Br, è stata blanda. Da quasi tre anni sono sostanzialmente intoccate. I pochi brigatisti arrestati sono regolarmente rilasciati. Le Br non credono al rischio di un colpo di Stato, e qui mostrano una certa acutezza di giudizio. Ma continuano a inserire l’ipotesi neogollista in una propsettiva di Stato militarizzato e continuano ad aver bisogno di scenari cingolati per motivare la propria azione armata. E sbagliano ancora una volta, perchè la tendenza in atto è quella del consociativismo, delle maggioranze di unità nazionale.

Paradossale poi il giudizio sulla magistratura che, proprio in quegli anni, dà i primi segni di autonomia dal potere politico. A Milano hanno scoperto la pista nera per piazza Fontana e messo in luce le gravi responsabilità degli apparati statali.  A Padova il giudice Tamburino sta indagando sul Sid e di lì a poco arresterà il suo capo, il gen Miceli.

Sossi, il sequestro

Ma il passaggio sulla magistratura ha una sola ragione: spiegare l’obiettivo della prossima azione. L’attacco al cuore dello Stato si concretizza nella decisione di sequestrare il giudice Mario Sossi. Lo seguono e lo studiano da tempo. La sera del 18 aprile, a Genova, sono in 18 ad aspettarlo vicino a casa, dove sta tornando a piedi appena sceso dal bus, da solo. Sono quattro quelli che lo debbono prendere: Ferrari, Ognibene, Marra e Buonavita che, di fatto è il capo militare delle Br. Altri 11 sono tutt’attorno di copertura, alcuni su auto, pronti a bloccare le strade in caso di necessità, ci sono Bassi, Semeria, Pelli. Circa un km più in là aspettano Franceschini, Bertolazzi e la Cagol. Curcio, col mitra sotto la giacca, assieme ad altri due tiene d’occhio la vicina caserma dei carabinieri, pronti ad aprire il fuoco. Ma tutto va liscio.

Il giudice Mario Sossi nella “prigione del popolo” delle Br

A Genova c’è quasi tutto il nucleo storico. Non c’è Moretti, pare sia contrario, lui vuol rimanere legato alle fabbriche.

Ma perchè Sossi? Perchè è il magistrato che ha istruito il processo contro la 22 Ottobre (il processo d’appello è in corso in quei giorni), e indagato i Gap. E’ un reazionario di simpatie fasciste. Ha perseguito gli scioperanti, arrestato per rapina tre studenti che non hanno pagato la mensa e processato dei giornalai per esposizione di rivsite oscene. Il personaggio c’è tutto.

E’ Marra ad afferrarlo e caricarlo sul solito furgone, mentre Buonavita gli punta la pistola. Non fa fatica l’ex parà, Sossi è esile e non oppone resistenza. Buonavita lo colpisce col calcio della pistola quando mette una mano in tasca, sono convinti che sia armato, ma non lo è.
Sul furgone Ferrari gli sibila: <le hai cercate le Br, ora le hai trovate>. Lui si lamenta, dice che ha dei figli. Anche quelli che hai messo in galera hanno i figli, gli urla Ferrari e lo colpisce con un pugno. Deve intervenire Buonavita per calmarlo.  Al magistrato danno da bere acqua e sonnifero e lo chiudono in un sacco.
Poca strada e Ognibene ferma il furgone. Sossi viene caricato su una A112, dove stanno Franceschini e Bertolazzi. La Cagol, su una 128, con un walkie-tolckie li precede, per segnalare eventuali blocchi. Solo loro tre sanno dov’è la prigione del popolo.

Fuori Genova il blocco c’è. Una pattuglia di carabinieri, con due auto, ferma la Cagol, che non fa in tempo ad avvertire gli altri. La A112 arriva e tira dritto. I carabinieri sparano e colpiscono l’auto, la Cagol ne approfitta per ripartire.  Quelli davanti vedono i fari e pensano siano i carabinieri, si fermano, scendono con una bomba a mano, Bertolazzi spara una raffica di mitra, che buca una gomma della 128 e sfiora la Cagol, un proiettile si conficca nella 24ore di Sossi, che forse ha salvato la vita alla brigatista.

L’auto con Sossi riparte, la Cagol si ferma a cambiare la gomma.  Stranamente i carabinieri non li hanno inseguiti. Finalmente arrivano in una villetta a Sarezzano, vicino Tortona.
Al centro di una stanza c’è la cella. Un cubicolo di legno di 2 metri e mezzo per 2, rivestito di polistirolo, con una presa per l’aria, un letto, una sedia e la bandiera delle Br appesa. La prigionia è iniziata e sarà lunga. Questa volta le Br hanno deciso il braccio di ferro con lo Stato.

Le Br dettano le condizioni

Il giorno dopo il primo comunicato contiene una lunga biografia di Sossi, <pedina della controrivoluzione>; informa che verrà applicata al prigioniero la Convenzione di Ginevra.
L’eco sulla stampa è ovviamente enorme. Il Pci parla di atto provocatorio teso ad inquinare la campagna referendaria ed aiutare la destra. Il Manifesto scrive: <E’ la stessa mano della strage di Stato>. E LC, che ormai si è liberata dalla fascinazione delle armi: <E’ una sfida a tutto il movimento>. Il 22 aprile due operai vengono arrestati. Li hanno visti parcheggiare, vicino alla Fiat, una 500 con altoparlante da cui veniva letto un comunicato Br. Poco dopo ne vengono trovate altre due.

Anche Sossi viene sottoposto all’interrogatorio di rito. E’ Franceschini il suo inquisitore. Bertolazzi si occupa di fare la guardia e la Cagol, che il magistrato non vedrà mai, di preparare pasti caldi. E’ Sossi a suggerire di avviare una trattativa, fornisce anche suggerimenti giuridici e chiede di inviare una lettera alla moglie. Le Br si dividono, Moretti è decisamente contrario a trattare, Fransceschini favorevole. Alla fine anche Curcio è d’accordo. Nella lettera il magistrato chiede di bloccare le ricerche e di premere perchè si tratti per la sua liberazione.

L’iniziativa spiazza un po’ tutti e il fronte dello Stato si incrina. Mentre il governo, in particolare il ministro dell’Interno Taviani, e il Pci sono per la linea dura: mai tratteremo con le Br. La magistratura si mostra più possibilista.

II Corriere scrive: «Le Br sembrano vincere su tutta la linea… il magistrato è ancora nelle loro mani e …stanno seminando lo scompiglio nella struttura statale». Le perquisizioni a tappeto e i controlli non producono nulla. E le Br non si limitano a nascondere il loro prigioniero, ma attaccano.  Il 30 aprile, a Torino, due uomini armati irrompono negli uffici del Centro studi don Sturzo, imbavagliano l’impiegato e sequestrano gli archivi. Due giorni dopo, a Milano, un commando Br di 5 persone, tra cui una donna, assalta la sede del Movimento di resistenza democratica di Edgardo Sogno, che sta alacremente lavorando ad un colpo di Stato, legano gli impiegati e si appropriano degli schedari.

Sossi teme di essere abbandonato e gioca un’altra carta, rivela qualche segreto. Parla dei suoi legami con il Sid, facendo i nomi dei due ufficiali con i quali era in contatto. E di un traffico d’armi in cambio di diamanti con un paese africano, nel quale era coinvolto anche il capo della Digos.
Le Br scrivono tutto in un nuovo comunicato intitolato: “Vi diciamo chi sono i veri delinquenti”. E pongono le condizioni per il rilascio: la liberazione dei detenuti della 22 Ottobre. Ed è proprio Sossi a indicare la strada migliore: una lettera al presidente della Corte d’ Assise d’Appello di Genova. La cosa crea qualche imbarazzo, sia perchè fornisce un’immagine di Sossi, e non solo sua, non proprio specchiata sia perchè il giudice collabora coi terroristi.

Dalla prigione il giudice continua a scrivere, alla moglie e ai giornali, chiede che si tratti <non intendo pagare gli altrui errori>. Chiede un intervento del Papa, che rivolgerà un messaggio <agli uomini ignoti>.
Il 5 maggio le Br fissano le modalità del rilascio, i «prigionieri politici» dovranno essere liberati in uno dei seguenti paesi, Cuba, Corea del Nord, Algeria. E concludono con un certo sarcasmo: «Garantiamo l’incolumità del prigioniero solo fino alla risposta. In una guerra bisogna saper perdere qualche battaglia. E voi questa battaglia l’avete persa. Accettare questo dato di fatto può evitare ciò che nessuno vuole ma che nessuno può escludere>

La rivolta nel carcere di Alessandria

Nel carcere di Alessandria scoppia una rivolta, vengono presi degli ostaggi. L’intervento dei carabinieri, che dipendono dal gen. Dalla Chiesa, è molto duro, sei detenuti vengono uccisi. E’ un segnale sulla volonta di non cedere al ricatto.

Il 10 maggio i sindacati proclamano lo sciopero generale a Genova. Ma l’adesione è scarsa. Le Br lo interpretano come un loro successo. In realtà è più semplicemente disinteresse. Anche perchè ci si capisce poco. Sono terroristi o provocatori? E contro chi si sciopera? La tesi delle finte brigate rosse è accettata da buona parte dell’opinione pubblica, convinta, dopo 4 anni di trame e complotti, che lo Stato sia inquinato.
Anche per questo il sequestro incide ben poco sulla campagna referendaria, la gente che sta per votare pensa al divorzio e non alle Br. E il 12 maggio la vittoria del No è netta.

Le Br all’angolo

Il 18 maggio, dopo un mese esatto dal sequestro, le Br annunciano che Sossi è stato condannato a morte. Curcio va a Roma. Grazie alla Chiesa si è aperto un canale di trattativa. Cuba fa sapere alla sua legazione in Vaticano di essere disposta ad accogliere i terroristi liberati. <Brindammo assieme a Sossi con una bottiglia di barolo> rivelerà Franceschini.

Due giorni dopo, il 20 maggio, quasi a sorpresa, la Corte d’Assise d’Appello concede la libertà provvisoria d’ufficio ai detenuti,  ordinandone la scarcerazione e la concessione dei nulla osta per il rilascio dei passaporti. Sembra fatta. Ma il procuratore Francesco Coco si oppone e ricorre in Cassazione, bloccando tutto. Non è chiaro se sia un gioco delle parti per mostrare buona volontà alle Br e intanto prendere tempo. Taviani ordina di circondare il carcere di Marassi per impedire con la forza le scarcerazioni. Anche Cuba si tira indietro. Berlinguer è intervenuto su Castro  convincendolo a ritirare la disponibilità.

Le Br sono all’angolo e si dividono. Moretti ed altri, tra cui Marra, uno che era sempre stato tra i più violenti, sostengono che la sentenza va eseguita, altrimenti si sarebbe persa la faccia. Franceschini invece vuole che Sossi sia liberato anche in cambio di niente. Curcio si barcamena, è incerto, propone di consultare i capi delle varie brigate.
Intanto sembra che le forze dell’ordine siano vicine alla prigione del popolo. Da alcuni giorni elicotteri sorvolano la zona. L’impressione è che, dall’interno delle Br, qualcuno abbia dato indicazioni. Non può sapere dov’è esattamente Sossi, ma chi ha partecipato al sequestro sa qual è la zona.

Il diabolico piano del Sid

Il generale Vito Miceli, capo del Sid

Il gen Miceli giorni prima ha ordinato al gen. Maletti di sequestrare Lazagna. Un capo partigiano, che ebbe qualche carica nel Pci, amico di Feltrinelli e in qualche rapporto con le Br, ma senza avervi mai aderito. Quel Lazagna che proprio Sossi aveva fatto arrestare accusandolo di essere un gappista.

Il piano di Miceli prevede che i servizi facciano un blitz nella prigione delle Br, uccidano i brigatisti carcerieri e anche Sossi e portino lì il cadavere di Lazagna. Sarebbe poi stato facile attribuirgli il ruolo di capo delle Br e regista del sequestro, coinvolgendo così il Pci. Maletti sostiene di essersi rifiutato. Se ne deduce però che Miceli sapeva dov’era la prigione del popolo o comunque c’era così vicino da programmare il colpo di mano.

Il compagno Rocco è una spia?

Dunque nelle Br c’è una spia? Franceschini (anni dopo) non ha dubbi: era il compagno Rocco cioè Marra, l’ex parà. Le perplessità sui suoi precedenti militari erano fondate, ma alle Br era bastato che lui dicesse che i fascisti gli avevano fatto saltare l’auto per accettarlo.

Il sospetto nasce dal fatto che Buonavita, divenuto pentito, fa i nomi di tutti i partecipanti al sequestro Sossi tranne uno: Marra. Impossibile che non si ricordi di lui: è quello che afferra il magistrato mentre lui gli punta la pistola. L’unica spiegazione è che chi lo interrogava gli abbia detto di lasciar fuori quel nome. Marra, sentito dai Ros, ha ammesso di essere stato un informatore della polizia, ma solo sui fascisti. Oltre che poco probabile che un rosso avesse informazioni sui neri, Marra mente, perchè nega di aver mai fatto parte delle Br. Quando invece almeno quattro brigatisti non solo lo affermano, ma elencano tutte le azioni a cui ha preso parte: tra cui cinque rapine e l’assalto armato alla sede del Crd di Sogno. Per di più è risultato che Marra era in rapporti col maresciallo dei carabinieri Atzori. Un brigatista così anomalo da assomigliare tanto ad un infiltrato.

Dunque polizia o carabinieri sapevano del sequestro Sossi e di tanto altro, ma hanno lasciato fare? E, visto che Marra è uno di quelli che spinge per uccidere Sossi, è forse un suggerimento dei suoi referenti?

I Servizi sanno più di quel che dicono

Che servizi e polizia sappiano più di quanto risulti ufficilmente e soprattutto di quanto utilizzino per contrastare il terrorismo ha trovato conferma in molti episodi. Ve n’è uno eclatante: quando il giudice Calogero nel 79 inquisirà molti esponenti dell’Autonomia, compreso Negri, lo contatterà il gen. Notarnicola, capo del reparto D del Sismi, presentandosi come la parte “lealista” del Serivizio (cosa vera). E gli mostrerà una cinquantina di informative, nelle quali erano riportati tutti gli incontri avvenuti tra Curcio e Negri. E che il Sid aveva tenute ben nascoste.

Calogero chiede di poterle avere, ma il generale dice di no, perchè fanno parte di un archivio segreto, dove avrebbe dovuto al piu presto riportarle.  Dopo qualche tempo si farà vivo il capo del Sismi, Santovito (che evidentemente aveva saputo dell’incontro), che offre queste veline a Calogero, a patto che lui dica di averle avute prima di iniziare l’inchiesta. In pratica attribuendo il merito della stessa all’efficienza del Sismi.
In sostanza: il Sismi aveva infiltrati nelle Br, sapeva molto di quel che facevano, ma non lo disse mai a nessuno. E di certo non sapeva solo degli incontri Curcio-Negri. Il gen Notarnicola infatti concluse il suo incontro con Calogero così: <Li abbiamo infiltrati e sappiamo quasi tutto>.

C’è un ultimo particolare inquietante, la notte tra l’1 e il 2 agosto ’80 Marra alloggia a Bologna in un hotel vicino alla stazione, che dopo poche ore salterà in aria. Lui dice che era lì per turismo.

Franceschini e Cagol liberano Sossi

Il 23 maggio a sorpresa, dopo 35 giorni, a Sossi vengono restituiti gli oggetti personali, gli viene dato un biglietto per Genova, viene portato a Milano e liberato. La decisione è stata presa da Franceschini, d’accordo con Cagol e Bertolazzi, senza aspettare l’esito della consultazione. Alla base della decisione un motivo pratico: il timore di essere stati scoperti. <Attorno alla villetta avevano cominciato a girare diversi ciclisti e il luogo era sempre più frequentato da strane coppiette. Era chiaro che non potevamo perdere nemmeno un minuto>. E uno politico: l’operazione è stata un successo, ha aperto contraddizioni all’interno dello Stato, le rivelazioni di Sossi hanno messo a nudo un sistema di potere, militarmente le Br hanno vinto, uccidere l’ostaggio avrebbe annullato tutto questo. Tanto più che sembrava ormai chiaro che in molti preferivano un Sossi morto.

Alberto Franceschini

Franceschini ha mostrato acume politico. Mentre lo Stato era disposto a sacrificare la vita di un suo uomo, le Br si sono mostrate clementi. Questo accresce la fama di un terrorismo astuto e capace, ma non troppo cattivo. C’è chi parla di Br cavalleresche.

Finora, sul piano dell’immagine le Br, e probabilmente c’è sempre la mano di Franceschini o della Cagol, hanno giocato alcune buone mosse: la restitutzione dell’orologio a Macchiarini, l’idea di dichiararare l’applicazione della Convenzione di Ginevra a Sossi,  un certo tono ironico ed autoironico e un linguaggio popolare e accattivante, nei comunicati,  che verrà presto sostituito da documenti illegibili e ottusi.
Nella scelta di liberare Sossi c’è anche un motivo umano: Franceschini anni dopo dirà che è impossibile uccidere un uomo col quale si è convissuto per tanto tempo. <Per farlo si deve essere il diavolo in persona>.
Con il sequestro Sossi le Br si sono imposte sulla scena politica, hanno agito da partito armato. Anche se nell’opinione pubblica ci sono ancora molti dubbi sulla loro vera natura.

Con la sinistra extraparlamentare, dal Manifesto ad Avanguardia operaia fino a Lotta continua la rottura però è ormai definitiva. Ma i vecchi gruppi sono in crisi. E l’area dell’Autonomia, che sta crescendo attorno ai resti di Potere Operaio, quarda con sempre più interesse alle Br. E così arrivano anche nuove adesioni.
Nei giorni seguenti la maggioranza dei brigatisti approva la decisione presa dai tre carcerieri.

Le cose sembrano dunque andare molto bene per le Br. Tanto che Franceschini e Gallinari vanno a Roma per vedere di mettere in piedi una colonna anche nella capitale. Ed anche per preparare un altro sequestro. Ma questa volta si vuole puntare molto più in alto.
Franceschini inizia a pedinare Andreotti. Gira senza scorta e senza precauzioni, non è difficile prenderlo. <Un giorno gli andai così vicino, che gli toccai la gobba>.

Gallinari è rientrato nelle Br da pochi mesi. Dopo che il Superclan si è sciolto, almeno così si dice, è tornato a Reggio e ha chiesto di essere riammesso. Gli dicono di andare in fabbrica e lui si fa assumere al Petrolchimico di Marghera. Poi però deve nascondersi, la polizia lo cerca, e allora parte per Roma.

Dalla Chiesa

Il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa

Le Br non lo sanno, ma proprio nel momento di maggior successo sta accadendo qualcosa che potrebbe segnarne la fine. Il 22 maggio viene costituito il nucleo speciale antiterrorismo al comando del gen. Dalla Chiesa. L’idea era stata del generale, che durante il sequestro l’aveva sottoposta al comando dell’Arma. Ma la proposta era stata bocciata: i vertici erano contrari a nuclei speciali fuori dal loro controllo e avevano in antipatia Dalla Chiesa, accusato di protagonismo. Il comandante e il vice, generali Mino e Picchiotti, sono due piduisti. Un altro piduista, il comandante di tutti i carabinieri del Nord, nonchè coinvolto in molte losche vicende di eversione,  il gen Palumbo, richiesto di un parere, risponde: <Non serve a un cazzo>. E scrive anche una lettera infamante contro Dalla Chiesa.

E’ stato il ministro dell’Interno Taviani ad imporre questa scelta. Lo stesso Taviani pochi giorni dopo rimuove Umberto D’Amato dal comando degli Affari riservati e scioglie l’ufficio, nominando nella polizia l’alter ego di Dalla Chiesa, Emilio Santillo, capo dell’antiterrosimo.

Il nucleo è composto da sei ufficiali e 35 sottufficiali, scelti personalmente dal generale. Lo Stato, dopo 4 anni di insuccessi, sembra abbia deciso di combattere davvero il terrorismo rosso. Le indagini ora saranno condotte in modo unitario e più efficiente, perchè il nucleo gode di piena autonomia e risponde a una sola persona. Si punta molto sulla penetrazione e sull’infiltrazione. Vengono reclutati molti giovani, senza figli nè mogli.

Maurizio Ferrari, operaio Pirelli, abbandonato dalla madre, cresciuto nella comunità di Nomadelfia

Da oggi – spiega Dalla Chiesa ai primi 31 nella caserma Valfrè dei CC – dovete diventare come i brigatisti, cambiare nome, entrare in clandestinità, leggere i loro documenti e i loro libri, diventare studenti e operai. Indubbiamente un punto di forza è anche la motivazione che il generale, dotato di grande carisma, riesce a infondere nei suoi uomini. C’è poi un altro dettaglio, minore, ma non trascurabile. Il Pci ha assicurato a Dalla Chiesa il suo appoggio, fornendo tutte le informazioni di cui dispone: Pecchioli ha una linea diretta con il generale.

Secondo il cap. Sechi, il Nucleo solo a Torino aveva 8 o 9 infiltrati, di cui però non si è mai saputa l’identità e forse il capitano ha un po’ esagerato.
E’ quasi certamente un informatore che già il 27 maggio fa cadere la prima testa. La polizia di Firenze si presenta a casa di due ragazze e non per caso vi trova Ferrari, che aveva una relazione con una delle due e che tenta di scappare attraverso il giardino, ma viene bloccato in strada. E’ uno degli uomini presenti in tutte le principali azioni delle Br, non ha mai sparato un colpo, come del resto gli altri brigatisti. Uscirà di galera 30 anni dopo.

Un’altra strage

Cinque giorni dopo che Sossi è tornato libero, i fascisti di Ordine nuovo, le stesse persone che hanno fatto la strage di piazza Fontana, sempre accuditi e protetti da uomini dello Stato, italiano e americano, fanno esplodere una bomba in piazza della Loggia a Brescia, durante una manifestazione sindacale. I morti sono otto e i feriti decine.

L’obiettivo erano i carabinieri, che però, a causa della pioggia, si sono spostati. Sulla loro morte si pensava di scatenare una reazione contro la sinistra. La proclamazione dello stato d’emergenza sarebbe stata inevitabile, quando pochi giorni dopo, durante la parata del 2 giugno, il fascista Giancarlo Esposti avrebbe sparato con un fucile di precisione al capo dello Stato. Ma qualcosa è andato storto di nuovo, perchè Esposti è stato ucciso dai carabinieri in circostanze poco chiare, mentre in una tenda sui monti del reatino aspettava l’ora X.

g.g.

continua…   6) Rosso, i CoCo e i Nap