C’è sempre un buon motivo per leggere Ammaniti: la sua scrittura. Iperbolica, scintillante e raffinata, immaginifica, graffiante e curatissima. In una parola piacevolissima e divertente. Se poi  la storia è superficiale, un po’ stereotipata, insomma non memorabile, va bene lo stesso.

E’ la storia di Maria Cristina, quarantenne proclamata, da una delle solite ed improbabili classifiche, donna più bella del mondo. Ex atleta, ex indossatrice, con alcuni gravi lutti alle spalle e ora moglie del presidente del consiglio. Ricca, vanesia e frivola, ma desiderosa di affetto, amore e cose semplici, alle prese con una vicenda di revenge-porn, di cui è la vittima.

Il romanzo è un affresco sarcastico dell’attualità: i social e la macchina dell’apparire, la politica spettacolo e i talk-show che possono decidere le sorti di un governo. Il tutto ambientato, ovviamente, nell’alta società romana.  Non molto originale forse, ma Ammaniti ci regala una carrellata di personaggi perfetti, ovviamente caricature, ma magistralmente tratteggiate: il guru dei social, che vive chiuso in una roulotte trasformata in una gabbia di Farhenheit; il belloccio rampante e spregiudicato; l’insopportabile assistente di Cristina; la “nemica” di borgata che Cristina adotta come immaginaria consigliera di vita.

Tutto godibilissimo. Poi c’è un finale che è appiccicato con lo sputo. E una sorta di morale (il riscatto della donna oggetto  che conquista il pubblico con un’esibizione della propria intelligenza, maturità e profondità) così incongrua da apparire miracolosa. Ma glielo si perdona.