Tasmania non ha niente a che vedere con i romanzi precedenti di Paolo Giordano (La solitudine dei numeri primi, Il corpo umano), che mi sono davvero piaciuti. Qui, quasi non c’è una storia. Il protagonista, che si presenta come una sorta di alter ego dello scrittore, è uno scienziato prestato alla divulgazione, vuole scrivere un libro sulla bomba atomica, ma allo stesso tempo sa che quasi tutto è già stato scritto e raccontato. Allora perchè un nuovo libro? La risposta potrebbe essere la percezione di essere sull’orlo di una nuova catastrofe causata dal cambiamento climatico e da una situazione politica sempre più destabilizzata dal terrorismo. (La storia comincia a Parigi nel 2015, l’anno degli attentati islamici, fra cui l’attacco al Bataclan).
Così come a Hiroshima e a Nagasaki nei primi giorni dell’agosto del 1945 nessuno immaginava di essere prossimi all’apocalisse, neppure gli scienziati che avevano progettato la bomba, < le grandi catastrofi, come l’estinzione dei dinosauri, hanno sempre faticato a farsi prendere sul serio. E invece viene fuori che siamo proprio nell’epoca in cui sta cambiando tutto. Drasticamente>, anche noi, forse, camminiamo inconsapevoli sull’orlo del baratro.
Alla storia principale si intrecciano altre vicende: quella del rapporto non semplice del protagonista con la moglie parecchio più grande di lui, il racconto delle vite di amici e conoscenti.
I lettori di Emmanuel Carrère non possono non riconoscere lo schema narrativo di molti dei suoi romanzi: Vite che non sono la mia, Yoga. Ma Carrère riesce a fondere argomenti eterogenei in un insieme armonioso e coinvolgente, cosa che non accade nel libro di Giordano, nel quale mi è stato difficile trovare un nesso profondo tra le storie e gli argomenti. Ho trovato anche  un po’ artificiosi e poco credibili  i personaggi, compreso il protagonista, e di conseguenza le loro vicende non mi hanno appassionato.