Quando ci interessiamo ai conflitti che funestano il nostro mondo, di solito pensiamo che chi combatte una parte o dall’altra lo faccia per motivi politici, ideologici, religiosi, economici. “Patria” ci fa capire che non sempre è così. Che chi si trova a vivere in determinate situazioni non sceglie, perché la pressione della società, della famiglia e del gruppo sono così forti che la libertà dell’individuo è fortemente limitata.
Aramburo ci racconta di due famiglie legate da una profonda amicizia e da rapporti quotidiani , che vivono in un paesino alle porte di San Sebastián. Ma uno dei padri ,Txato, titolare di un’ impresa di trasporti, entra nel mirino dell’ETA, che vive dei finanziamenti ricevuti o estorti da chi vive nei suoi territori. Txato si rifiuta di cedere alle numerose intimidazioni, e viene ucciso. La sua famiglia diventa però oggetto della riprovazione dell’intero paese, che difende, più o meno convintamente, le ragioni dell’Eta e anche i componenti della famiglia amica non fanno eccezione. Anche perché , forse, l’assassino di Txato è uno di loro. Bittori, sua moglie, è quasi costretta ad andarsene dal paese: nessuno, neppure le persone a cui suo marito aveva fatto del bene, le offre solidarietà e viene considerata paradossalmente, insieme ai suoi figli, non una vittima della violenza ma una nemica della causa indipendentista.
Quell’omicidio segna però la vita di tutti i componenti di entrambe le famiglie, che viene profondamente segnata da un odio, da un rancore e da un dolore che non ammettono possibilità di perdonare e di voltare pagina, per nessuno. Solo alla fine del romanzo l’ostinazione di Bittori sembra aprire un varco alla riconciliazione, che, può essere raggiunta attraverso il riconoscimento della verità, ma che non può certo cancellare la sofferenza inflitta a tutti i protagonisti, in nome di una causa astratta, che nessuno dei protagonisti ha veramente scelto.
Trama e intreccio non coincidono, passato e presente si intrecciano, come accade del resto nella mente di tutti noi. E’ il lettore che, inoltrandosi nel romanzo, riesce a ricomporre la vicenda, o meglio le molteplici vicende che comunque, alla fine, risutano ben delineate.
Lo stile è molto raffinato, lo scrittore sceglie di usare espressioni provenienti dall’euskera, la lingua basca, e soprattutto dà la parola ai suoi personaggi, inserendo senza mediazione nel racconto, che viene condotto da un narratore esterno, i pensieri del personaggio che in quel momento è protagonista.La scelta narrativa può essere un po’ spiazzante all’inizio, ma poi diventa efficace: è come se il personaggio, nei momenti salienti, volesse parlare in prima persona, come se non volesse affidarsi alla mediazione del narratore.

Perchè leggerlo:

  • – il romanzo ci fa entrare, attraverso la storia delle due famiglie, nel clima in cui si viveva nei Paesi Baschi all’epoca del terrorismo. E’ una riflessione profonda: l’autore non discute mai le ragioni dell’Eta (o tantomeno del governo spagnolo), ma ci coinvolge nella terribile sofferenza degli individui che sono costretti, loro malgrado, a subire le conseguenze del conflitto.
  • – lo stile è innovativo: il personaggio balza in primo piano con le sue riflessioni e il suo ” discorso interiore” . L’attenzione del lettore è sollecitata anche perchè il racconto non procede in senso cronologico. Certi comportamenti dei personaggi, apparentemente illogici, trovano spiegazione solo in eventi del passato che ci vendono via via svelati.
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Fernando Aramburu è uno scrittore basco, nato a San Sebastian nel 1959. Ha scritto numerosi romanzi, racconti e libri per ragazzi. Di grande interesse l’intervista all’ Espresso sui concetti di identitarismo, nazionalismo, patria.
http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/05/20/news/fernando-aramburu-identita-1.334516

L’Eta ha ucciso 822 persone poi ha chiesto scusa

L’Eta è stata un’organizzazione terrorista tra le più sanguinarie. Ha ucciso 822 persone, 341 civili e il resto poliziotti e militari. Dopo 40 anni di omicidi e stragi, ha chiesto scusa. A fondare l’Eta (Euskadi ta Akatasuna, che vuol dire Paese basco e libertà), nel 1958, fu un gruppo di studenti di ispirazione marxista-leninista, usciti dal Partito nazionalista basco ritenuto troppo moderato. Obiettivo: l’indipendenza dei paesi baschi e la loro trasformazione in un paese socialista.
Il territorio basco si identifica con la lingua basca. Lingua antichissima parlata da popolazioni iberiche prima dell’invasione indoeuropea del 1200 ac. Esso comprende le tre province di Bilbao, Donostia e Gipuzkoa, il nord della Navarra e un lembo di Francia. Poco più di 2,5 milioni di abitanti. Solo per un breve periodo è esistito uno regno basco, tra il nono e decimo sec, con capitale Pamplona. I signori baschi hanno però quasi sempre (escluso sotto i Romani) goduto di ampia autonomia. Quando infatti Carlo Magno, con la scusa della Reconquista antiaraba, cercò di prendersi i loro territori, a Roncisvalle i baschi, che simpatizzavano per gli arabi, ne massacrarono la retroguardia, compreso il paladino Orlando.
Nel corso dell’800 moltissimi baschi emigrarono soprattutto in Cile e Argentina. Sono di origine basca: Allende e Che Guevara, Pinochet e Neruda. I Paesi baschi hanno un’industria sviluppata e sono relativamente ricchi rispetto al resto della Spagna.
La loro autonomia fu abolita da Franco, che cercò anche di impedire l’uso della lingua basca. Durante la guerra civile i baschi si erano schierati con i repubblicani. Ed è sotto la dittatura franchista che nasce l’Eta.
Gli obiettivi della lotta armata, iniziata nel 68, sono stati prevalentemente gli uomini della Guardia civil o esponenti politici spagnoli. Ma l’Eta ha compiuto anche diverse stragi indiscriminate e ucciso molti baschi ritenuti ostili.
L’Eta aveva un’organizzazione gerarchica molto rigida e verticistica. Le sue basi erano soprattutto in territorio francese. Non si può dire che la Francia l’abbia protetta, ma di certo per lungo tempo ha chiuso un occhio e anche due. Nei suoi campi di addestramento ospitò anche terroristi italiani. L’Eta si finanziava con sequestri ed estorsioni. Imprenditori e commercianti baschi erano obbligati a pagare una sorta di pizzo.
Nel 73 l’attentato più famoso, al quale è stato dedicato anche un film. Fu scavato un tunnel sotto la strada e imbottito di dinamite, fatta esplodere al passaggio dell’auto di Carrero Blanco, capo del governo e successore designato di Franco. L’auto fu scaraventata oltre una casa di 5 piani.
Con la fine del franchismo fu ripristinata l’autonomia dei Paesi baschi, ma l’Eta continuò la sua azione, sempre più tesa a diffondere il terrore. Bombe furono fatte esplodere nei bar, ristoranti e supermercati con decine di moti. Nel 78 nacque Herri Batasuna, il braccio politico e legale dell’Eta, che ebbe circa il 10% dei voti, a conferma che l’Eta non rappresentava affatto il popolo basco.
A partire dal 92 la Francia diede maggior collaborazione nella caccia ai capi dell’Eta e molti furono catturati. Tanto che nel 98 l’Eta proclamò una tregua. Ma nel 2000 ripresero gli omicidi e gli attentati, seppur in misura minore. Nel 2011 l’Eta ha dichiarato finita l’attività militare. E nel 2018 si è sciolta, senza aver ottenuto praticamente nulla dopo 40 anni di sangue e morte. Però ha chiesto scusa alla popolazione per le sofferenze inflitte.

g.g.