Apparentemente sono due peccati opposti: che relazione c’è tra chi spende tutta la sua vita per accumulare ricchezze e chi le sperpera? Entrambi hanno perso il lume della ragione e hanno fatto del denaro l’unico scopo, dimenticando che solo la dimensione spirituale rende veramente umani. Poco importa che il denaro sia ricercato per il piacere di accumularlo o per procurarsi beni lussuosi. Quando la mente è occupata solo dall’ossessione di possedere qualcosa o di godere dei piaceri che la ricchezza può procurare, l’approdo finale non può essere che l’Inferno, ed è giusto che la condanna sia la stessa: sospingere davanti a sé con il petto un masso, che rappresenta bene la totale materialità della loro esistenza .
Dante, guidato da Virgilio incontra questi peccatori nel quarto cerchio dell’Inferno, dove, sorvegliati dal demone Pluto, figura mitologica trasformata in maledetto lupo, si affaticano inutilmente per l’eternità.
(Inferno, canto VII, vv.25-35)
Qui vid’ i’ gente più ch’altrove troppa,
e d’una parte e d’altra, con grand’ urli,
voltando pesi per forza di poppa.Percotëansi ‘ncontro; e poscia pur lì
si rivolgea ciascun, voltando a retro,
gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».Così tornavan per lo cerchio tetro
da ogne mano a l’opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro;poi si volgea ciascun, quand’ era giunto,
per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra.
Sono moltissimi i dannati di questo cerchio, più dei lussuriosi e dei golosi che Dante ha incontrato prima di giungere qui. Urlano facendo rotolare i loro massi col petto (per forza di poppa). Cozzano gli uni con gli altri e poi proseguono la loro marcia volgendosi indietro e urlando, gli uni (i prodighi) “perché trattieni il denaro?” e gli altri (gli avari) “ perché lo sciupi”? Così giungono (tornavan) nell’oscurità del cerchio infernale al punto opposto da entrambe le parti (da ogne mano), continuando a urlare il loro oltraggioso ritornello (ontoso metro). Poi arrivati lì, si girano e ripercorrono la metà del cerchio assegnata. Un orribile balletto, come lo definisce Dante .
(Inferno, canto VII, vv.36-57)
E io, ch’avea lo cor quasi compunto,
dissi: «Maestro mio, or mi dimostra
che gente è questa, e se tutti fuor cherci
questi chercuti a la sinistra nostra».Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci
sì de la mente in la vita primaia,
che con misura nullo spendio ferci.Assai la voce lor chiaro l’abbaia,
quando vegnono a’ due punti del cerchio
dove colpa contraria li dispaia.Questi fuor cherci, che non han coperchio
piloso al capo, e papi e cardinali,
in cui usa avarizia il suo soperchio».E io: «Maestro, tra questi cotali
dovre’ io ben riconoscere alcuni
che furo immondi di cotesti mali».Ed elli a me: «Vano pensiero aduni:
la sconoscente vita che i fé sozzi,
ad ogne conoscenza or li fa bruni.In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.Dante ha il cuore quasi trafitto per la pena che prova, e chiede a Dante chi crede siano questi dannati. E’ sorpreso dal vedere tanti tonsurati (chercuti) e chiede se siano tutti ecclesiastici (cherchi) quelli alla sua sinistra (il sinistro è per la cultura medievale il lato del diavolo, del male). E Virgilio afferma che tutti costoro furono talmente privi delle ragione (guerci della mente) nella vita terrena che non fecero nessuna spesa con misura. Sono loro stessi ad accusarsi (la loro voce abbaia chiaramente il loro peccato) quando arrivati al punto stabilito del cerchio, i peccati diversi li dividono in due schiere. Come Dante aveva supposto, tutti quelli senza coperchio piloso, cioè senza la copertura dei capelli sono ecclesiastici: papi e cardinali, che si sono distinti per la loro avarizia… Dante, ovviamente, vorrebbe i nomi di alcuni di questi grandi personaggi.
Ma Virgilio lo disillude: la loro vita folle, totalmente priva di razionalità, ha fatto perdere loro le sembianze umane, e ora sono irriconoscibili (bruni). Continueranno a cozzare per l’eternità, finchè, dopo il giudizio universale, riavranno il loro corpo. Gli avari con il pugno chiuso, i prodighi coi capelli tagliati.
Lo stile del canto è basso, duro, pieno di parole colloquiali, dal suono sgradevole (abbaia, tetro, metro, coperchio, soperchio, sozzi, mozzi ) che ben si adatta a peccatori ignobili tanto da non meritare neppure sembianze umane.
Ma il tema del denaro che significa anche avidità, non è confinato al quinto cerchio dell’Inferno: percorre tutta la Divina Commedia. Non è un peccato come gli altri, nell’epoca di Dante è il peccato dominante, che condiziona pesantemente tutta la società e che genera grandissimi mali e sofferenze. Firenze è divenuta nel Trecento una metropoli finanziaria, grazie ai suoi mercanti e banchieri domina l’economia europea. La gente pensa solo a far soldi e a goderseli, dimenticando i precetti religiosi e la solidarietà che dovrebbero essere alla base della convivenza civile. E gli uomini di chiesa, come si è visto e come si vedrà in tutto il poema, non fanno certo eccezione.Di Firenze dirà un beato nel Paradiso:
(Paradiso, canto IX, vv.127-132)
“La tua città, che di colui è pianta
che pria volse le spalle al suo fattore
e di cui è la ’nvidia tanto pianta,
produce e spande il maladetto fiore
c’ha disvïate le pecore e li agni,
però che fatto ha lupo del pastore.“
Firenze è ormai una pianta di Lucifero e coltiva il maladetto fiore, il fiorino che domina l’economia europea, che ha condotto alla perdizione il gregge dei cristiani e ha trasformato i pastori (gli ecclesiastici) in lupi.
Touche. Sound arguments. Keep up the amazing spirit.