Il “lungo petalo di mare e neve” è la definizione che Pablo Neruda dà del suo paese: il Cile. Il romanzo della Allende ci racconta la storia di Victor Dalmau e di sua moglie Rose Bruguera, due giovani catalani costretti a fuggire in Cile per sfuggire alla persecuzione del regime franchista, contro cui Victor e il fratello Guillem, avevano combattuto arruolandosi nell’esercito repubblicano. Il romanzo, scandito dalle date che aprono ogni capitolo, insieme ad una citazione dalle poesie di Neruda, si svolge dal 1938 al 1991 e fa interagire la vicenda umana dei protagonisti con i grandi eventi storici che sconvolgono le loro vite.
Prima la terribile guerra civile spagnola, di cui la Allende non nasconde le brutalità commesse da entrambe le parti, pur non manifestando, ovviamente , nessuna simpatia o comprensioni per le ragioni dei franchisti. Poi, meno conosciuta, la fuga disperata di cinquecentomila spagnoli che, all‘avvicinarsi dell’esercito franchista, si ammassano al confine francese <Nessuno voleva quegli stranieri, esseri ripugnanti, sudici, fuggitivi, disertori, delinquenti, come li definiva la stampa, che venivano a diffondere epidemie, a rubare, a stuprare e a promuovere una rivoluzione comunista (…)La prima reazione della Francia fu di tenere chiusi i valichi di frontiera finché le autorità non si fossero accordate su come affrontare il problema>.
Fra questi profughi c’è anche Rose Bruguera, giovanissima e talentuosa pianista, quasi sul punto di partorire, indomabile. La giovane donna, notevole personaggio femminile, di poverissime origini, era stata accolta e “adottata “ dalla famiglia Dalmau. Il padre Marcel Lluìs Dalmau, a sua volta musicista, aveva riconosciuto e coltivato la sua disposizione per la musica, la madre, insegnante, l’aveva accolta come una figlia. In Francia Victor ritrova Rose e, grazie alla sua intraprendenza, riesce a convincere il poeta Pablo Neruda ad includerlo, insieme a Rose, nella lista dei duemiladuecento fuggitivi dalla Guerra Civile Spagnola che, a bordo della nave Winnipeg, salpano il 4 agosto dal porto di Pauillac, con destinazione Valparaìso. La spedizione umanitaria è resa possibile dalla tenacia del futuro Premio Nobel per la letteratura, che all’epoca ricopriva incarichi consolari tra Francia e Spagna e dall’apertura del governo cileno, che autorizza l’impresa.
L’accoglienza che la popolazione del Cile riserva ai profughi è calorosissima. Victor e Rose ricostruiscono la propria esistenza, lei grazie alle sue doti di musicista, lui riuscendo a completare , con grandi sacrifici, gli studi di medicina abbandonati in Spagna. Se l’esilio risparmia loro la terribile esperienza della Seconda Guerra Mondiale, la grande storia non cessa però di coinvolgerli. L’elezione del marxista Allende nel 1970 e l’opposizione che subito si forma nel paese, e si manifesta in modo sempre più violento, lo scontento dei militari, il colpo di stato del 1973 sconvolgono nuovamente la vita di Victor e Rosa. Non è giusto però togliere al lettore il gusto di scoprire i dettagli di una storia che riserva sorprese fino alla fine.
Il grande merito del libro è però, a mio avviso, la precisione e con cui l’autrice racconta le vicende storiche. Lei stessa afferma <Questo è un romanzo, ma i fatti e i personaggi storici sono reali. Quelli inventati sono ispirati a persone che ho conosciuto. Non mi sono dovuta immaginare molte cose, perché, facendo le approfondite ricerche che sempre svolgo per ogni libro, ho trovato materiale in abbondanza>. Da amante della letteratura e della storia sono sempre stata convinta che, tante volte, un buon romanzo è in grado di far capire la drammaticità, ma anche la complessità di un momento storico più di molti saggi, anche se, necessariamente, lo stile diviene un po’ didascalico, per fornire al lettore un quadro comprensibile. L’Allende ci riesce, sia quando racconta la guerra civile spagnola, sia, soprattutto, nei capitoli dedicati alla storia del Cile, che io, e credo molti, con la mia formazione e mentalità europocentrica tendiamo a trascurare.
L’elezione di Allende rappresentò una speranza per la sinistra di tutto il mondo: <Allende divenne così il primo capo di governo marxista eletto democraticamente. L’idea di una rivoluzione pacifica a quel punto non sembrava poi così tanto assurda>. Ma il sogno di poter rivoluzionare la società democraticamente e pacificamente si rivelò in poco tempo un’utopia: <Le riforme (nazionalizzazione dell’industria del rame, statalizzazione di banche e imprese, espropriazione di terre) diedero buoni risultati durante i primi mesi ma, con l’emissione incontrollata di moneta, l’inflazione ebbe un’impennata tale che nessuno sapeva più quanto costava il pane rispetto al giorno prima. (…) i partiti di governo si facevano guerra tra di loro, le imprese gestite dagli operai funzionavano male, la produzione crollava a picco e l’abile sabotaggio dell’opposizione provocò la mancanza di scorte. (…) Non sparirono dalla circolazione solamente i generi alimentari, ma anche pezzi di ricambio per i macchinari, pneumatici, cemento da costruzione, pannolini, latte in polvere e altri articoli essenziali; in cambio c’erano salsa di soia, capperi e smalto per unghie in grande abbondanza. Quando iniziò il razionamento della benzina, il paese si riempì di ciclisti inesperti che zigzagavano tra i pedoni>. Sorprendente come Allende riesca a formulare un giudizio critico e distaccato anche su una vicenda nella quale è stata ovviamente, profondamente coinvolta.
Lo stesso distacco non si avverte nei confronti di Neruda: il libro è un vero e proprio omaggio alla sua figura. <Alla fine dell’anno fu reso un grande tributo a Pablo Neruda all’Estadio Nacional, lo stesso luogo in cui nove mesi più tardi i carnefici avrebbero imprigionato migliaia di persone. Fu l’ultimo evento pubblico a cui partecipò il poeta che alcune settimane prima aveva ricevuto il Premio Nobel dalle mani dell’anziano monarca di Svezia. Lasciò la sua carica di ambasciatore in Francia e si ritirò nella stravagante casa di Isla Negra, che tanto amava. Era malato, ma continuava a scrivere alla sua piccola scrivania con le onde del mare in tempesta che esplodevano in schiuma davanti alla sua finestra. (…)Gli piovevano addosso da tutto il mondo inviti, premi e messaggi di ammirazione, ma aveva il cuore dolente. Temeva per le sorti del Cile. Stava scrivendo le sue memorie, nelle quali la Guerra civile e il Winnipeg occupavano varie pagine. Si commuoveva al ricordo dei tanti amici spagnoli assassinati o scomparsi>.
Come spunto di riflessione si può leggere di lui quanto scrive i il critico Alfonso Berardinelli sul “Foglio” il 25 Maggio 2019 <C’è qualcuno che ancora lo legge? Il poeta letto da tutti fra anni Quaranta e Cinquanta, il poeta cileno comunista, malinconico, innamorato, epico, prosastico e vicino alla vita dell’uomo comune, ma anche illimitatamente permeabile al dolore, quel poeta è oggi quasi dimenticato. (…) Raggiunse una tale fama, che il colombiano García Márquez, autore di uno dei più amati e commentati bestseller dell’ultimo mezzo secolo,” Cent’anni di solitudine”, alla morte di Neruda azzardò questo giudizio: “Il più grande poeta del Novecento in tutte le lingue “. Il giudizio di Berardinelli è impietoso <Comunque, il suo problema era anche quello della situazione sociale della poesia moderna, una forma letteraria che si era allontanata dal pubblico dei lettori. Nel programma di Neruda c’era una poesia “per uomini semplici” e questa scelta era incoraggiata, sostenuta dal marxismo. Solo che il marxismo era Stalin e il pubblico degli “uomini semplici” era un pubblico che lui credette di raggiungere sacrificando la propria poesia ai lettori di fede comunista. Il risultato fu disastroso sul piano letterario, senza peraltro raggiungere un vero risultato sociale>.
Anche questo è uno degli spunti di riflessione e di approfondimento che il romanzo offre, e cosa c’è di meglio di un libro che provoca il desiderio di leggerne altri?
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