L’ immagine è potentemente satirica: la pelle è un lungo e ampio mantello che ricopre due animali, un cardinale e il suo cavallo.

In sostanza Dante dà della bestia ai ricchi prelati del suo tempo. Ma, come spesso accade, a pronunciare questo duro giudizio, è una voce ben più autorevole della sua: quella di san Pier Damiani. Nato a Ravenna nel 1007 da un’umile famiglia, grazie al fratello maggiore aveva potuto studiare e divenire un ricco e famoso professore di diritto. Poi la vocazione, l’abbandono dei beni materiali per entrare in convento e la carriera ecclesiastica: prima abate, poi  vescovo-cardinale di Ostia. Ma dopo soli due anni, nauseato dalla corruzione della Curia, ritornò in convento per dedicarsi alla vita contemplativa.

Dante lo incontra nel XXI canto del Paradiso, dove trova gli spiriti che si sono dedicati alla contemplazione, la condizione di vita  più alta che un essere umano possa praticare. Le anime, completamente racchiuse in  una fiamma, salgono  e scendono da una scala d’oro, di una luminosità abbagliante. Immagine che, tratta dal libro biblico di Giacobbe  rappresenta, nell’immaginario medievale, l’ascesa  verso il Paradiso. Dopo un dottissimo colloquio sulla predestinazione, l’anima di Pier Damiani si racconta. Prima il periodo trascorso in convento, dove, immerso nella contemplazione, nutrendosi di cibi semplici, trascorreva la sua vita in grande serenità.

(Paradiso, Canto XXI, vv. 113-117)

                                         Quivi
al servigio di Dio mi fe’ sì fermo,

che pur con cibi di liquor d’ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne’ pensier contemplativi

Poi, ormai vecchio,  l’elezione cardinale.

(Paradiso, Canto XXI, vv. 124-135)

Poca vita mortal m’era rimasa,
quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
che pur di male in peggio si travasa.

Venne Cefàs e venne il gran vasello
de lo Spirito Santo, magri e scalzi,
prendendo il cibo da qualunque ostello.

Or voglion quinci e quindi chi rincalzi
li moderni pastori e chi li meni,
tanto son gravi, e chi di rietro li alzi.

Cuopron d’i manti loro i palafreni,
sì che due bestie van sott’ una pelle:
oh pazïenza che tanto sostieni!».

Il cappello è il lussuoso simbolo dell’autorità cardinalizia, che passa da una testa all’altra degradandosi sempre di più. Un tempo San Pietro (Cefas)  e San Paolo, erano magri e scalzi e si cibavano con quello che ricevevano elemosinando dove capitava. Ora i moderni pastori sono così grassi che hanno bisogno di qualcuno che li sostenga e spinga su il loro grosso sedere quando montano a cavallo. E, con i loro lunghi mantelli, ricoprono se stessi e le loro cavalcature: sì che due bestie van sott’ una pelle.

Come fa la pazienza divina a sostenere tutto questo?

E così, dopo aver sistemato i papi della sua epoca inserendoli tra i simoniaci ,  gli ordini mendicanti  facendo deplorare a San Tommaso  la condotta dei Domenicani, troppo dediti ai beni terreni,  e a San Bonaventura da Bagnoregio quella dei francescani, che hanno abbandonata la via tracciata da San Francesco, anche i cardinali ricevono quanto dovuto.

Ma l’indignazione e il dolore di Dante per la corruzione della Chiesa trova spazio anche nel cielo delle stelle fisse. Dante ha appena superato l’esame di ammissione all’empireo sottoponendosi alle domande di tre santi: Pietro, Giacomo e Giovanni, quando vede San Pietro diventare sempre più sfavillante e rosso per l’ira.

(Paradiso, Canto XXVII, vv. 19-27)

<..quand’ ïo udi’: «Se io mi trascoloro,
non ti maravigliar, ché, dicend’ io,
vedrai trascolorar tutti costoro.

Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,
il luogo mio, il luogo mio che vaca
ne la presenza del Figliuol di Dio,

fatt’ ha del cimitero mio cloaca
del sangue e de la puzza; onde ‘l perverso
che cadde di qua sù, là giù si placa».

Dante non si deve meravigliare per la sua ira: il papa in carica in quel momento, nel 1300, Bonifacio VIII (sempre lui!), è un usurpatore e quindi la sede apostolica, trasformata in una sentina di sangue e marciume, è di fatto vacante, per il godimento di Lucifero, che, caduto dal cielo, al centro dell’Inferno si compiace dell’infelice situazione della Chiesa.