
Franca Florio
Così ricchi
da far sfigurare
sua maestà
Un giorno i Florio ebbero ospite nella loro villa il kaiser Guglielmo II. La sera servirono la cena in piatti d’oro. Il cibo fu ottimo, ma alla fine, si narra che il kaiser si rammaricò di non poter ricambiare l’invito, perchè avrebbe sfigurato non avendo stoviglie così preziose.
Questi erano i Florio. La seconda parte del racconto forse è leggenda, ma l’episodio dà un’idea di quanto ricca fosse questa famiglia siciliana e quanto fosse inserita nel jet set,si direbbe oggi, internazionale.
In quattro generazioni e in un secolo scarso, i Florio erano passati da un negozietto che vendeva spezie e chinino ad un vero impero economico. Da un negozio erano passati a dieci. Poi affittarono delle tonnare, poi le comprarono. Gli affari andavano così bene che comprarono l’intera isola di Favignana, con la sua grande tonnara, e vi impiantarono una fabbrica di tonno in scatola, sott’olio però, che era una loro invenzione.
Il bravo imprenditore differenzia gli investimenti e loro differenziarono. Compraono dei vigneti e si misero a fare il marsala, riuscendo persino ad aggiudicarsi il rifornimento della flotta inglese, scalazando l’inglesissimo sherry. Comprarono miniere di zolfo e aprirono una fabbrica di prodotti chimici poi una fabbrica metalmeccanica e una tessile. E misero su anche una banca.
La Sicilia sta in mezzo al Mediterraneo e dunque è un ottimo posto per navigare. Impiantarono così una compagnia di navigazione, che successivamente si fuse con quella genovese dei Rubattino, divenendo la più grossa compagnia italiana, che navigava fino in America, grazie anche al monopolio concesso dall’amico Crispi. Avendo le navi ci volevano i cantieri, ne aprirono tre, a Palermo, Messina e Genova. E fondarono anche un’assicurazione.
Furono anche munifici. I loro operai erano trattati decisamente meglio degli standard dell’epoca. Aprirono un istituto per ciechi e regalarono alla città il teatro Massimo.
Forse manca qualcosa nell’elenco, ma più o meno questo era l’impero dei Florio, che toccò il suo apice a cavallo del 900, sotto il “regno” di Ignazio jr. Di lì a poco però ci furono i primi scricchiolii e, dopo la prima guerra mondiale, cominciò la crisi.
Ignazio e la moglie, donna Franca, erano una delle tre o quattro famiglie più ricche d’Italia. Il padre era stato anche senatore del Regno, ma furono loro, nell’immaginario colletttivo, a incarnare il mito dei Florio. Furono una coppia dorata, sia per il fiume di denaro che spendevano sia per la celebrità che si conquistarono nel bel mondo dell’aristocrazia, dell’arte e dello spettacolo.
Dorata, ma anche sciagurata. Perchè, con loro, il trend si invertì. Sino ad allora i Florio avevano pensato solo a far soldi, loro invece quasi solo a spenderli, interessandosi poco alla gestione delle aziende.

Ignazio e Franca Florio su una delle prime auto in circolazione
Marito e moglie si dedicarono anima e corpo alla mondanità, erano spesso in giro per l’Europa, ospiti dei salotti dell’aristocrazia e pure delle corti reali. Ignazio fu un autentico mecenate per Palermo. Finanziò diverse opere e organizzò eventi culturali, con ospiti illustri, da Maumpassant e D’annunzio, da Trilussa a Oscar Wilde, le attrici Eleonora Duse, Irma Grammatica e grandi musicisti come Wagner e Puccini. Palermo divenne un punto di riferimento per la vita mondana e culturale europea.
E siccome il Grand hotel delle Palme era sempre pieno, Ignazio trasformò villa Igea nel più bell’albergo della città. E fondò anche un quotidiano, L’Ora di Palermo, che ebbbe direttori illustri.
Il fratello Vincenzo invece si dedicò soprattutto ad organizzare gare sportive d’ogni genere, ma quasi tutte con i motori di mezzo. Tra le altre fu l’inventore della Targa Florio, gara automobilistica sopravissuta fino al 1977.

Tonnara di Favignana
Accanto a Vincenzo c’era lei, la baronessa Franca Jacona di San Giuliano, una delle famiglie più antiche della Sicilia. Non era solo la moglie, ma molto di più. Era lei la vera icona, l’immagine splendente dei Florio.
Era una donna molto bella, ma anche di grande fascino, intelligente, brillante, spiritosa. Dai siciliani era chiamata “Donna Franca la regina di Sicilia”, il kaiser la soprannominò “Stella d’Italia” mentre D’Annunzio la definì “l’Unica”. Quando la regina la conobbe, la nominò dama di corte.
Fu ritratta da diversi pittori. Il più famoso è il dipinto di Boldini, nel quale donna Franca appare con un magnifico vestito nero e una lunghissima collana di perle. Erano 365, una per ogni giorno dell’anno. Ma i maligni dicevano: una per ogni lacrima versata dalla donna per i numerosi tradimenti del marito.
I due, secondo la moda inglese, dormivano in camere separate ma comunicanti. Ognuno aveva due cameriere personali, una per il giorno e una per la notte.
Ignazio si vestiva interamente a Londra, presso due famose sartorie. La moglie non era da meno, ma la sua passione erano soprattutto i gioielli, spesso realizzati appositamente per lei da orafi come Cartier e Lalique e per i quali il marito spendeva cifre astronimiche. Anche per far digerire alla moglie le sue licenziose frequentazioni, tra cui, quella con la Bella Otero, famosa ballerina alle Folies Bergères, alla quale Ignazio Florio donò un favoloso gilet di smeraldi commissionato a Cartier.
Nel 1905 la Rivista Regina incluse donna Franca nell’elenco delle donne che avevano i più bei gioielli del mondo. Tanto che le fu consigliato di non indossarli quando andava a corte per non far sfigurare la regina.
Gioielli che lei portava sempre con se nei suoi viaggi a Parigi, Vienna, Mosca, perchè voleva scegliere al momento quali indossare. Fu così che nel ’22 le furono rubati nell’hotel dove alloggiava a Viareggio. Il verbale di polizia, che fa l’elenco del bottino, è lungo due pagine. Furono ritrovati 20 giorni dopo al confine bavarese.
A proposito di tradimenti, capitò che venne a Palermo una famosa cantante lirica, Natalina Cavalieri, che Ignazio subito si portò a letto. Saputolo, Donna Franca assoldò una claque che la fischiò durante la Boheme. Il marito, informato, aveva però ingaggiato una claque per applaudirla.
Ma le cose stavano cambiando. La prima guerra mondiale mise in crisi diverse attività della famiglia. La morte di tre figli in tenera età, nell’arco di pochi anni, colpì pesantemente la coppia. In più ne Ignazio nè il fratello ebbero figli maschi, che potessero occuparsi direttamente del patrimonio. I ricchissimi Florio furono costretti a iniziare a cedere le loro attività poi anche gli averi personali, compresi i gioielli. La famosa collana fu battuta all’asta nel ’35 per due milioni.
E così finirono non in miseria, ma in condizioni davvero misere.
g.g