Se si è Dante, sì. Ancora una volta il poeta prende ispirazione da un episodio di cronaca nera della sua tormentata epoca e crea un personaggio immortale, che ispirerà a sua volta pittori, scrittori e anche cantautori come Gianna Nannini.

Anche in questo caso, come nella vicenda di Francesca da Rimini, si tratta di un caso di femminicidio: la vittima è infatti una donna, Pia, che i commentatori hanno identificato con Pia dè Tolomei.

Pia de’ Tolomei immaginata da Dante Gabriel Rossetti

Dante la incontra in Purgatorio, nel quinto canto, tra i negligenti  (coloro che si sono pentiti solo alla fine della vita) morti di morte violenta. E’ il terzo spirito di questo gruppo a parlare con lui. I primi due  sono uomini, personaggi di spicco delle turbolente vicende italiane della seconda metà del Duecento, entrambi uccisi per ragioni politiche: Jacopo del Cassero, assassinato,  e Bonconte da Montefeltro, morto in battaglia.  Le loro storie sono piene di sangue e di violenza. Poi arriva lei, proprio alla fine del canto, e l’atmosfera cambia.

Purgatorio, canto V, vv. 130-137.

«Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via»,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,

«ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma».

Pia ha una richiesta da fare a Dante: quando sarà tornato al mondo, potrebbe ricordarsi di lei ? Le anime del Purgatorio hanno bisogno delle preghiere dei vivi per abbreviare il loro soggiorno in quel luogo di espiazione e sofferenza. Ma prima, si premura Pia, Dante dovrà riposarsi… E’ una sensibilità tutta femminile, quasi materna, che porta a considerare come prioritario il benessere dell’altro.

Poi la sua storia, enigmatica, quasi un gioco di parole. Molto lontana dalle immagini brutali che i suoi compagni hanno appena descritto. E’ nata a Siena, è morta in Maremma. Come? Certamente, visto il luogo in cui si trova, è stata uccisa. Ma lei è reticente, non lo vuole rivelare, forse per pudore, forse per la sofferenza che il ricordo di quell’evento terribile le provocherebbe. Impossibile non ricordare a questo proposito le parole di Francesca da Rimini: Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria…..  Il colpevole è sicuramente un uomo, che sa bene come è morta: prima le aveva dato un anello, poi, probabilmente nel corso della stessa cerimonia, aveva siglato un patto di matrimonio. (Ma ci sono anche interpretazioni diverse).

Se fosse veramente Pia de’ Tolomei, si tratterebbe , come afferma la Treccani, della  “moglie di Nello de’ Pannocchieschi, (che)  fu fatta morire in un castello della Maremma dal marito, sia che egli dubitasse della sua fedeltà, sia, come pare più probabile, che volesse passare (come poi fece) a nuove nozze”.

Ma il fascino del personaggio sta proprio nella sua inderminatezza, nella dolcezza delle sue parole non turbate dalla crudezza della realtà.
Ormai Pia è salva, vuole dimenticare la violenza subita, la speranza in una pace eterna che prima o poi raggiungerà prevale sulla condanna di chi l’ ha uccisa.