La sibilla, Vita di Joyce Lussuè  il secondo libro che Silvia Ballestra, autrice di romanzi, racconti, saggi, dedica a Joyce Lussu, musa, ispiratrice ed amica. E’ molto difficile, in poche righe, dare anche solo un’idea della ricchezza e della complessità della vita di Joyce, di famiglia anglo-marchigiana (di cognome fa Salvadori), moglie di Emilio Lussu (autore di “Un anno sull’altipiano”, antifascista, partigiano, ministro e senatore della repubblica).

Intanto si dovrebbero usare troppi superlativi: bellissima, coltissima, coraggiosissima, fortissima, modernissima, anticonformista al massimo grado.  Impossibile anche dar conto in breve delle cose che ha fatto: poliglotta, con una formazione di livello internazionale, scrittrice e poetessa apprezzata da Croce, che conosce personalmente, antifascista fin da bambina, militante attiva (viene anche arrestata) della Resistenza, prima in Europa, poi, dopo l’8 settembre, in Italia, attivista politica dopo Liberazione.

Nel dopoguerra la sua attività politica cerca di trasformarsi in un aiuto concreto  soprattutto per la parte più povera della popolazione sarda (la vicinanza alla Sardegna è dovuta alle origini del marito). In alcuni saggi ed articoli descrive e denuncia una povertà da terzo mondo: bambini malati e denutriti, sfruttati, assenza di scuole e di strutture sanitarie. Tanto che, in articolo del ’51, afferma: < Chi ha mai detto che in Italia c’è stata una guerra di Liberazione, una Costituzione Repubblicana, un balzo verso la civiltà?…>. Soprattutto in Sardegna organizza delle iniziative che coinvolgono le donne di tutti i ceti sociali, più vicine degli uomini ai problemi quotidiani. Ma è anche attivista politica a livello nazionale,  redattrice di importanti riviste politiche di diffusione nazionale, per un periodo nel gruppo dirigente dell’Udi. Intuisce però che le ragioni delle donne, siamo nel 1953, debbono ancora aspettare: < …in un sistema capitalistico arretrato l’economia si regge sugli enormi risparmi realizzati con le fatiche domestiche e le mansioni assistenziali gratuite fornite dalle casalinghe e retribuite con la sola sussistenza ; e crea le strutture culturali adeguate a giustificare questo stato di cose, dalla morale piccolo borghese, alla religione…>

Neppure i partiti di sinistra e le donne che vi militano sono pronti a mettere davvero in discussione questo stato di cose. Dopo la guerra, anzi, in Italia avanza una sorta di restaurazione, che comporta un arretramento, soprattutto per le donne, che la Resistenza aveva in qualche modo valorizzato. La speranza di realizzare una società più  libera, moderna, ugualitaria, che aveva animato la maggior parte dei partigiani gradualmente sfuma. Joyce avverte questa profonda incolmabile distanza tra speranze e realtà, ma è ancora una donna giovane che non vuole ritirarsi e rassegnarsi ad essere e solo la moglie di…. Ha bisogno di ritagliarsi una dimensione autonoma, anche , dice lei, per aver qualcosa da raccontare al marito,  che non ostacola in nessun modo questo desiderio, anche dopo la nascita del loro bambino.  L’ Italia ormai le sta stretta e comincia a viaggiare in tutto il mondo per sostenere il suo impegno pacifista, protagonista di vari movimenti e associazioni. E’ così che, entrando in contatto con intellettuali di tutto il mondo, si dedica sempre più alle traduzioni. Dopo aver fatto la Resistenza,  la continua attraverso la conoscenza e la volontà di far conoscere poeti di culture e lingue  diverse ( che a volte neppure lei conosceva: turco, kurdo, lingue africane), accomunati dal desiderio di affrancamento e libertà e lo fa andando a conoscere direttamente i paesi dai quali provengono

Lei stessa scrive < …durante questa attività avevo girato parecchio e conosciuto rivoluzionari di tutti i continenti, rendendomi conto che a guerra partigiana che avevo combattuto era stata solo l’inizio di una lunghissima serie di guerre partigiane altrettanto legittime e necessarie, dato che il nazifascismo era stato solo parzialmente abbattuto e rispuntava dalle sue radici: lo sfruttamento sostenuto dalle armi, il colonialismo, il razzismo>. Continua insomma a girare parecchio avventurandosi in luoghi e in situazioni pericolose e a volte ostili, come faceva da giovane partigiana.

Una vita da cui si potrebbe trarre più di un film, una lunga serie televisiva. Eppure la fama di Joyce Lussu non corrisponde certamente alla grandezza del  personaggio. Potrebbe essere un’icona dei movimenti femministi, ma lei è certamente più avanti. I suoi scritti, anche se lei non si definisce una scrittrice, sono noti  in ambiti tutto sommato ristretti, come scrive  Silvia Ballestra, vengono pubblicati e poi sprofondano nell’oblio. Perché? Credo che Joyce sia un personaggio ancora oggi troppo moderno, troppo “grande”, che può quasi spaventare. Non un’eroina, una martire, da celebrare e santificare, ma una donna che ha portato al massimo tutte le sue potenzialità, ma lo ha fatto con naturalezza,  pur senza nascondere la sofferenza per il conflitto tra piano personale (soprattutto per quanto riguarda il  rapporto col figlio) e attività pubblica.

L’incontro con lei, soprattutto attraverso la bella, molto documentata ma sempre coinvolgente biografia della Ballestra, che fa trasparire in ogni pagina il suo affetto e la sua vicinanza, non può non destare ammirazione e desiderio di conoscerla meglio.