Sembra una spy story, ma Tomás Nevinson, l’ultimo romanzo di Javier Marías, è anche un saggio di filosofia e di psicologia.
Siamo a Madrid, nel 1997, Tomás Nevinson, dopo essere uscito dai servizi segreti inglesi riceve la visita del suo ex capo, Bertram Tupra che gli propone di rientrare in azione, anche se non con un incarico ufficiale (per quanto possa essere ufficiale un incarico dei servizi segreti). Nevinson appare in un primo momento assolutamente restio: è riemerso da dieci anni da una vita non certo tranquilla (per un lungo periodo è stato anche ufficialmente morto), durante la quale ha compiuto azioni che pesano sulla sua coscienza, è riuscito a ristabilire un certo rapporto con i suoi familiari, soprattutto la moglie Berta, è stato ricompensato per i suoi servizi con un lavoro in ambasciata che gli consente di vivere senza problemi. Non riesce però a rinunciare al nuovo incarico che lo riporta nella vita precedente.
Perché lo fa? Cosa gli manca? Perché vuole contare di nuovo, plasmare il corso della storia, vivere da protagonista e non da oggetto delle decisioni altrui. Il nuovo incarico comporta l’identificazione, l’arresto o (in mancanza di prove) l’eliminazione di una donna coinvolta (dieci anni prima) in alcuni attentati dell’Ira e dell’Eta. E così in una città del nord-ovest della Spagna Nevinson cambia ancora una volta la sua identità e diventa Centurion, un professore di inglese maturo e ancora piacente, per insinuarsi nella vita di persone apparentemente ben inserite nella società, consapevole che probabilmente dovrà ricominciare ad uccidere.
E da questa consapevolezza nasce la riflessione filosofica e psicologica sulla legittimità della violenza, anche se praticata per evitare un male maggiore. Anche quando sappiamo che colui che abbiamo davanti è un mostro che provocherà un gran numero di vittime innocenti, (viene spesso citato Hitler) nel momento in cui provochiamo la sua morte non possiamo non avvertire la comune appartenenza al genere umano. “ Uno dei grandi problemi della vita è che non possiamo provare nessuna emozione pura. C’è sempre nel nostro nemico qualcosa che ci piace, nel nostro amato bene qualcosa che non ci piace. È questo groviglio di stati d’animo a invecchiarci, a corrugarci la fronte e ad approfondire i solchi intorno ai nostri occhi».
E Nevinson si trova di fronte a un caso in cui tutti le donne sospettate gli sono simpatiche….
Il romanzo è ricchissimo di citazioni letterarie, filosofiche e storiche, che ritornano più volte, come se Tomas cercasse nella letteratura, nella storia e nella filosofia una risposta ai quesiti etici che la sua missione gli impone. Ma c’è anche una riflessione sul terrorismo dell’Ira e dell’ Eta, che con motivazioni in parte simili, ha insanguinato per tanti anni la storia britannica e spagnola, e poi l’indagine minuziosa sulla vita delle tre candidate.
Il tutto raccontato passando continuamente dalla prima alla terza persona, che riflette bene lo sdoppiamento di Nevinsons/ Centurion.
Certamente un libro originale, che fa riflettere e, nello stesso tempo, non rinuncia a creare la suspence tipica del genere.
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